Dalla rivista Le Cep n° 39 – secondo
trimestre 2007
LA STRUTTURA DELLA GENESI
Claude Eon
Riassunto: L'esegesi moderna è
contrassegnata dalla "teoria documentaria", che considera
la Bibbia come un agglomerato tardivo di numerosi frammenti
distinti secondo il nome che danno a Dio. Ora un'altra ipotesi
spiega molto meglio le particolarità della Genesi. Essa è dovuta
a P.J. Wiseman, un archeologo amatore che, avendo partecipato
agli scavi di Mesopotamia, pubblicò nel 1936 le sue Nouvelles
Découvertes en Babylonie sur la structure de la Genèse.
Per lui la parola toledoth (='Ecco la
generazione di…') che compare in 11 cardini del
testo, è
un colofono: formula che figurava alla fine di ogni
tavoletta cuneiforme per darne il titolo, il contenuto e sovente
l'autore o il proprietario. Ora, i passaggi che terminano con
toledoth (seguito dal nome di un patriarca) contengono degli
avvenimenti di cui quel patriarca è stato testimone.
Una sola eccezione: la "tavoletta" della Creazione (Gen. da 1,1 a 2,4) che non è firmata poiché il suo autore non ha potuto scrivere che per sentito dire, o piuttosto è firmata con "il cielo e la terra". Si trovano così delle ripetizioni che corrispondono al metodo in uso per 'legare' tra loro le tavolette consecutive di un lungo racconto. Queste scoperte di P.J. Wiseman, lo si vede, sono fondamentali e tali da dimostrare la messa per iscritto antica, la storicità e l'autenticità del più notevole racconto della storia umana. |
All'inizio del film Le Cercle des Poètes disparus, il professore di poesia invita i suoi allievi a stracciare le pagine di introduzione alla poesia del loro manuale. Questa saggia misura dovrebbe essere applicata a quasi tutte le "introduzioni" ai libri dell'Antico e del Nuovo Testamento. Tutte, in effetti, o quasi, sono inspirate dai disastrosi princìpi dell'esegesi moderna, o piuttosto modernista.
Così, nella sua Introduction à la Genèse, la
Bibbia Osty ci assicura che "il documento yahvista, il documento
elohista e il documento (o Codice) sacerdotale sono le tre grandi
fonti che entrano nella composizione dell'opera; così se ne
spiegano i multipli aspetti. Dei frammenti più o meno grandi
di queste opere sono stati conservati, giustapposti o combinati,
dai redattori; etc."
Questo commentario si ispira alla "teoria documentaria" in
voga nell'esegesi moderna. Questa teoria fu infatti inventata da
Jean Astruc che, nel 1753, pubblicò anonimamente a Bruxelles
un'opera intitolata Conjectures sur les mémories originaux
dont il parait que Moyse s'est servi pour composer le livre de la
Genèse. L'autore era il medico del re e professore di
medicina alla facoltà
di Montpellier. Egli aveva notato che, nei primi 35 versetti della
Genesi, era impiegata solo la parola Elohim allorché dal
versetto 2:4b al 3:24 Dio era chiamato Yahve
Elohim, salvo quando Satana utilizzava la parola Dio.
Astruc sosteneva che queste parti dovevano essere state scritte da
autori diversi, giacché, se questo testo lo avesse scritto
Mosè, dovremmo attribuire a lui questa singolare variazione
del nome divino.
Questa è l'origine della dissezione documentaria in frammenti
del libro della Genesi. Nel corso del 19° secolo la teoria documentaria
fu adottata con entusiasmo dall'esegesi liberale protestante da H.
Graf (1815-1869) e Julius Wellhausen (1844-1918) che distinse quattro
fonti principali del Pentateuco: la Yahvista, la Elohista, la Deuteronomica
e la Sacerdotale. Così si pretendeva che quello che utilizzava
la parola Elohim era l'autore
di un documento detto elohista, e quello che utilizzava la parola Yahvè era
l'autore di un documento detto yahvista. Ma poiché certi versetti
manifestamente scritti da una sola persona contenevano tutti e due
i nomi di Dio, bisognava inventare un altro redattore: il deuteronomista.
Infine fu deciso che un ultimo documento era stato scritto 1000 anni
dopo Mosè: il sacerdotale. Così la Genesi fu spaccata
in una serie confusa di frammenti e di autori, secondo la parola
utilizzata per designare Dio.
I critici sono, malgrado tutto, obbligati a riconoscere che questa
suddivisione rompe la sequenza logica e anche grammaticale del
testo! Tutta la teoria documentaria riposa dunque sulla fragile
supposizione che un autore utilizzi un solo e unico nome per designare
Dio. Questa esegesi del testo assomiglia molto a uno che taglia
e poi reincolla dei pezzi rendendoli così irriconoscibili.
Wellhausen stesso riconosceva che il risultato di questa dissezione
non era che "un agglomerato di frammenti". Malgrado
ciò, la sua Histoire d'Israël (1878) gli attribuì un
posto negli studi biblici "comparabile a quello di Darwin
in biologia".
Gli esegeti del 19° secolo non potevano immaginare che gli scavi
archeologici e i progressi della linguistica avrebbero permesso un
tutt'altro approccio della struttura e della paternità della
Genesi. Nel 20° secolo, in effetti, la scoperta e la decifrazione
di numerose tavolette in Mesopotamia, dove furono portate alla luce
vaste biblioteche, permisero di comprendere i metodi di composizione
degli scribi. P.J. Wiseman ebbe il privilegio di partecipare a degli
scavi in Mesopotamia in compagnia di illustri professori. Grazie
ad una conoscenza di prima mano di questi lavori, egli si trovò
perfettamente equipaggiato per riesaminare la struttura della Genesi.
Nel 1936 egli pubblicava New Discoveries in Babylonia about Genesis,
poi Clues to Creation in Genesis. Nel 1985 suo figlio, anche
lui archeologo, ripubblicava i lavori di suo padre sotto il titolo
di Ancient Records and the Structure of Genesis. A discolpa
dei sostenitori della teoria documentaria bisogna riconoscere che,
se avessero conosciuto gli antichi metodi di scrittura, sarebbero
senza dubbio pervenuti alle stesse conclusioni di Wiseman. Si deve
tuttavia costatare che queste scoperte archeologiche, ormai antiche,
non impediscono a molti esegeti attuali di ignorarle e di leggere
la Genesi come se fosse di un libro tardivo.
Il tratto caratteristico del racconto della Genesi è "che
esso è
costruito nella maniera più antica utilizzando un quadro
di locuzioni ripetute". Queste locuzioni, che formano
lo scheletro strutturante la Genesi, sono di due tipi: i colofoni[1]
e le ripetizioni (catch-line phrases), di cui i primi sono i più
importanti.
I colofoni
I documenti scritti in Mesopotamia erano generalmente incisi su pietra
o su tavolette d'argilla. Era d'uso per gli scribi aggiungere alla
fine del racconto un colofono indicante il titolo, la data e il
nome dell'autore o del possessore, così come altri dettagli
sul contenuto della tavoletta. Il metodo del colofono non è più in
uso ai nostri giorni, essendo queste informazioni trasferite nella
pagina di titolo. Ma nei documenti antichi, il colofono con le
sue importanti informazioni, era aggiunto in modo molto distinto.
Per esempio, il colofono terminante uno dei racconti mitologici
babilonesi della creazione dice: "Prima tavoletta di … dopo
la tavoletta … Mushetiq-umi … Una copia di Babilonia;
scritta come il suo originale e collazionata. La tavoletta di Nabu-mushetiq-umi
[5°] mese Iyyar, 9° giorno, 27° anno di Dario."
I colofoni sono la chiave che permette di comprendere la struttura
della Genesi. In essa, la frase più significativa è: "Ecco
la storia di…" che si può anche tradurre
con "ecco la generazione di…".
Questa formula è utilizzata undici volte in tutto il libro.
I traduttori dei Settanta la trovarono così
importante che diedero all'insieme del libro il titolo di Genesi,
traduzione della parola ebraica per "generazione". Quanto
a Wiseman, lui, per tradurre generazione, preferisce la parola
ebraica Toledoth (dalla radice Yalad).
Ricorrenze della formula "Toledoth " nella Genesi:
2:4 | Ecco la storia del cielo e della terra |
5:1 | Ecco il libro della storia di Adamo |
6:9 | Ecco la storia di Noè |
10:1 | Ecco la posterità dei figli di Noè |
11:10 | Ecco la storia di Sem |
11:27 | Ecco la storia di Terach |
25:12 | Ecco la storia di Ismaele |
25:19 | Ecco la storia di Isacco |
36:1 | Ecco la storia di Esaù, che è Edom |
36:9 | Ecco la posterità di Esaù, padre degli Idumei |
37:2 | Ecco la storia di Giacobbe |
I commentatori della Genesi hanno, da sempre, rimarcato questa ripetizione della formula. Molti, tuttavia, anche tra gli esegeti recenti, sembrano non attribuirle alcuna importanza proprio perchè non ne hanno compreso il ruolo e il significato. La ragione è semplice, come spiega appunto Wiseman. Il toledoth, che termina numerose sezioni della Genesi, comincia "come accade spesso nei documenti antichi, con una genealogia o un registro che stabilisce delle relazioni familiari strette", il che ha condotto i commentatori ad associare la frase toledoth, "Questa è la generazione di…" alla lista genealogica che segue. Essi hanno dunque supposto che questo toledoth è un prefazio o una introduzione. È tuttavia manifesto che il toledoth talvolta non è seguito da nessuna genealogia. Quindi, dice Wiseman, "la storia della persona nominata nel toledoth è stata scritta prima di questa formula e certamente non dopo". E cita l'esempio classico del secondo toledoth, "Ecco il libro della storia di Adamo" (5:1) secondo il quale noi non apprendiamo niente di più su Adamo, salvo l'età della sua morte. Allo stesso modo in Genesi 25:19, dopo la frase "Ecco la storia di Isacco" non è la storia di Isacco che vi si trova, ma la storia di Giacobbe e di Esaù.
I commentatori non hanno compreso queste anomalie allorché esse
si spiegano molto facilmente se si sà che il toledoth non è una introduzione alla
storia del personaggio, ma che si tratta di un colofono terminale.
Il toledoth designava una storia, generalmente la storia di una famiglia
nelle sue origini. Si potrebbe tradurre con "ecco le origini
storiche di…". È
dunque evidente che nella Genesi accade lo stesso e che pertanto
non si parla dei discendenti del personaggio menzionato.
Nel Nuovo Testamento c'è un solo colofono, in Matteo 1:1: "Genealogia
di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo" che è una
lista dei suoi antenati.
Poiché il metodo di scrittura della Genesi riflette così esattamente
i metodi di composizione dell'antichità primitiva, si può
concluderne per l'autenticità dei racconti del libro.
In Genesi 5:1 si legge "Ecco il libro
della storia di Adamo". Qui la parola ebraica sepher è tradotta
con "libro", che significa racconto scritto. I Settanta
d'altronde hanno ugualmente tradotto il primo toledoth (in 2:4) con: "Questo è il libro delle
origini del cielo e della terra". Bisogna in effetti
comprendere bene che i "libri" dell'antichità erano
delle tavolette, e che i primissimi fatti raccontati nella
Genesi erano scritti, e non, come si afferma sovente, trasmessi oralmente
a Mosè. Inoltre bisogna sapere che il nome della persona figurante
alla fine del toledoth si riferisce all'autore o al proprietario
della tavoletta piuttosto che alla storia della persona nominata.
Così, per esempio, "Ecco la storia
di Noè" non significa necessariamente "questo
racconta la vita di Noè" ma piuttosto questa è la
storia scritta o posseduta da Noè. Il toledoth o colofono è realmente
come una specie di firma di un contemporaneo degli avvenimenti raccontati.
In questo esempio, si potrebbe tradurre con "firmato Noè".
Per riassumere sul colofono o toledoth:
-
É una frase finale di ogni documento e rinvia dunque a un racconto che è già stato scritto
-
I primi racconti sono stati scritti
-
Esso si rapporta normalmente all'autore della storia o al proprietario della tavoletta
La Genesi comprende dunque le tavolette seguenti possedute dalla
persona il cui nome figura nel colofono:
Tavoletta | da | a | |
1 | 1:1 | 2:4 | Ecco la storia del cielo e della terra |
2 | 2:5 | 5:2 | Questo è il libro delle origini di Adamo |
3 | 5:3 | 6:9a | Ecco la storia di Noè |
4 | 6:9b | 10:1 | Ecco la storia dei figli di Noè |
5 | 10:2 | 11:10a | Ecco la storia di Sem |
6 | 11:10b | 11:27a | Ecco la storia di Terach |
7-8 | 11:27b | 25:19a | Ecco la storia di Ismaele e di Isacco |
9-11 | 25:19b | 37:2a | Ecco la storia di Esaù e di Giacobbe |
Si noterà che solo la prima tavoletta non comporta firma personale.
È così che il compilatore dei documenti primitivi,
tradizionalmente considerato Mosè, ha chiaramente indicato
la fonte delle sue informazioni e nominato le persone che possedevano
le tavolette utilizzate. Dunque, contrariamente a ciò
che immaginavano Graf e Wellhausen, le fonti della compilazione del
libro della Genesi non sono affatto dei racconti molto posteriori
a Mosè, ma esattamente dei documenti firmati e contemporanei
agli avvenimenti che essi raccontano. È dunque esatto dire
che la Genesi è una compilazione di multiple fonti, ma molto
anteriori a Mosè; e se il libro esprime, in effetti, numerosi "stili",
esso non mostra tuttavia una pluralità di autori nella sua
forma finale, contrariamente a quel che credono gli esegeti.
Due fatti confermano l'interpretazione di Wiseman:
-
Non esiste nessun esempio di un fatto riportato che il firmatario non abbia potuto scrivere a partire dalla sua propria esperienza o da un'informazione assolutamente affidabile
-
È sorprendente che le storie si arrestino, in tutti i casi, prima della morte del personaggio nominato, benchè, il più sovente, la storia prosegua fino alla data della morte, o fino alla data dichiarata della composizione scritta.
Non può essere una semplice coincidenza il fatto che ciascuna
di queste sezioni, o serie di tavolette, non contenga che quello
che il personaggio nominato alla fine ha potuto scrivere per una
conoscenza diretta. Qualunque scrivano, anche solo un secolo dopo
questi Patriarchi, non avrebbe né potuto né voluto
scrivere così. Si vede dunque che la formula chiave "Questo è
firmato da…" costituisce il vero quadro utilizzato
dal compilatore per i documenti serviti alla costruzione della
Genesi. È
dunque del tutto inutile cercare le fonti del libro, poichè il
compilatore stesso si è incaricato di dircele.
Le ripetizioni
Esiste un'altra prova che questi antichi racconti furono inizialmente
scritti su delle tavolette. Nell'antica Babilonia, spiega Wiseman,
la taglia delle tavolette utilizzate dipendeva dalla quantità di
testo da scrivervi. Quando il testo necessitava più tavolette
era abituale:
a) dare un titolo a ciascuna tavoletta
b) ricorrere a una ripetizione (catch-line) al fine di assicurare
il giusto ordine nella lettura.
Non bisogna stupirci di non ritrovare nel testo della Genesi questi
aiuti alla lettura che il compilatore, Mosè, aveva sotto
gli occhi. Tuttavia, nella Genesi si trovano vari esempi di tali
raccordi, il che prova che la compilazione ebbe luogo molto presto,
a partire dalle tavolette primitive.
Esempi di questi raccordi:
1:1 | "In principio Dio creò il cielo e la terra" | |
2:4 | "Ecco la storia del cielo e della terra…" | |
2:4 | "quando essi furono creati" | |
5:2 | "allorché essi furono creati" | |
6:10 | "Sem, Cham e Jafet" | |
10:1 | "Sem, Cham e Jafet" | |
10:32 | "dopo il diluvio" | |
11:10 | "dopo il diluvio" | |
11:26 | "Abramo, Nacor e Aran" | |
11:27 | "Abramo, Nacor e Aran" | |
25:12 | "figli di Abramo" | |
25:19 | "figli di Abramo" | |
36:1 | "chi è Edom" | |
36:8 | "Esaù è Edom" | |
36:9 | "Ecco la posterità di Esaù padre di Edom" | |
36:43 | "Questo è Esaù, il padre di Edom" |
Secondo Wiseman, "la ripetizione battente di queste frasi
esattamente là dove le tavolette cominciano e finiscono, sarà apprezzata
nel suo giusto valore dagli studiosi abituati ai metodi degli scribi
di Babilonia, poiché questa disposizione era quella che si
utilizzava per legare insieme le tavolette. La ripetizione di questi
raccordi, precisamente nei versetti attaccati al colofono, non può essere
una pura coincidenza. Essi sono rimasti sepolti nel testo della Genesi,
e il loro significato è passato inosservato".
Titoli e datazione delle tavoletta
Sulle tavolette cuneiformi il titolo era la prima parola del testo.
Allo stesso modo gli ebrei diedero come titolo ai cinque primi
libri della Bibbia le prime parole di ciascun testo. È così che
chiamarono la Genesi "Bereshith",
la parola ebraica per "all'inizio".
Quando un testo richiedeva due o più tavolette, le prime
parole della prima tavoletta erano ripetute nel colofono (o pagina
titolo) delle tavolette seguenti, on po' come il titolo del capitolo è ripetuto
in testa ad ogni pagina di un libro moderno. Grazie a questa ripetizione
era facile collegare tutte le tavolette della Genesi.
Wiseman mostra ancora che alcune tavolette erano datate. All'inizio,
gli scribi terminavano con una formula come "anno durante
il quale fu scavato il canale di Hammurabi", ed è solo
più tardi che noi troviamo la datazione con l'anno del regno.
Nella Genesi si trova un esempio di datazione alla fine della seconda
serie di tavolette (da 2:5 a 5:2), in 5:1, dove è scritto "Ecco
il libro della storia di Adamo, il giorno in cui Dio creò l'uomo".
In altri casi la tavoletta era datata con l'indicazione del luogo
di residenza dell'autore al momento della redazione del colofono,
e queste date erano sempre contigue alla frase finale "Ecco
la storia di…". Per esempio in 25:11 "e
Isacco abitava presso il pozzo di Lachai-Roi";
in 36:8: "Esaù si stabilì nella
montagna di Seir"; in 37:1: "Giacobbe
si stabilì nel paese dove suo padre aveva soggiornato nel
paese di Canaan".
Che questi tratti caratteristici della scrittura cuneiforme siano
ancora visibili nella Genesi mostra la purezza del testo e la cura
con la quale ci è stato trasmesso. Essi provano anche che
in quei tempi lontani i testi furono scritti su tavolette
d'argilla e che queste tavolette, formanti una serie di Genesi
da 1:1 a 37:1, furono certo assemblate nell'ordine in cui le troviamo
oggi.
La storia di Giuseppe
La lunga sezione finale della Genesi, da 37:2 a 50:26, non termina
con un colofono. Perchè? Perché questa parte della
Genesi è soprattutto la storia di Giuseppe in Egitto. Il
racconto comincia con: "Giuseppe,
all'età di diciassette anni…"
e termina con "… e fu messo in
un sepolcro in Egitto". Siamo passati da Babilonia,
o almeno dall'influenza babilonese, all'Egitto, dove, molto verosimilmente,
la storia di Giuseppe fu scritta su un papiro. Poiché gli
egiziani non utilizzavano il colofono, la sua assenza alla fine del
racconto di Giuseppe è del tutto in armonia con la teoria
dei toledoths.
I differenti nomi di Dio
Come abbiamo visto, l'utilizzo di nomi differenti per designare Dio
nella Genesi costituiva per la teoria documentaria la base delle
sue costruzioni esegetiche. La difficoltà
maggiore viene da Esodo 6:3 dove si dice: "Io
sono YHWH. Io sono apparso ad Abramo, ad Isacco e a Giacobbe come
Dio onnipotente, ma sotto il mio nome YHWH non mi sono fatto conoscere
a loro".
E tuttavia, ci sono molti esempi nella Genesi dove i Patriarchi designano
Dio con YHWH. I critici si sono dati molto da fare per spiegare
questa contraddizione apparente. Come, in effetti, i diversi autori
(supposti) della Genesi, che avevano certamente sotto gli occhi
il versetto 6:3 dell' Esodo, hanno potuto dare a Dio un nome anacronistico
nella Genesi?
Non ci può essere il minimo dubbio che le tavolette portate
da Abramo, dalla sua città di Ur in Caldea, fossero scritte
in cuneiforme. Quando il compilatore della Genesi entrò in
possesso di queste tavolette trovò in alcune l'equivalente
di "Dio" in cuneiforme, e in altre l'equivalente di El
Shaddai, Dio onnipotente, nome sotto il quale si designò ad
Abramo, Isacco e Giacobbe, secondo Esodo 6:3. Il compilatore della
Genesi aveva davanti a sé gli archivi dei Patriarchi dove
molte tavolette contenevano l'espressione "El
Shaddai" in cuneiforme. Il compilatore aveva dunque un
problema molto speciale: ora che Dio si era definito
"Io sono colui che sono",
YHWH, quale nome bisognava dare a Dio per la trascrizione delle tavolette
antiche? Questo nome di YHWH era stato annunciato ai figli di Israele
in Egitto ed era da loro onorato. L'antico nome di "El
Shaddai", Dio onnipotente, era stato corrotto per la
sua attribuzione a numerosi altri "dèi". La soluzione
più semplice era di tradurre con YHWH. Così si spiega
molto semplicemente la presenza di YHWH nella Genesi senza far ricorso
a una confusione di documenti imbrogliati scritti da autori sconosciuti,
come fanno gli esegeti moderni, né a un tradimento del senso
letterale di Esodo 6:3.
Il primo capitolo della Genesi
Tutta l'interpretazione biblica documentaria procede da una volontà di "mitologizzare" la
Bibbia incorporandole di forza degli elementi tratti dai miti babilonesi
o egiziani che sono, in realtà, totalmente estranei allo spirito
ebraico. Basta comparare, sequenza per sequenza, il racconto della
creazione secondo la Bibbia e secondo le tavolette babilonesi.
Bibbia | Babilonese |
Luce | Nascita degli dèi, loro ribellione e minacce di distruzione. |
Atmosfera, acqua | Tiamat si prepara alla battaglia |
terra | gli dèi sono convocati e si lamentano amaramente con la vegetazione della loro minaccia di distruzione |
Sole e luna | Marduk promosso al rango di dio, riceve le sue armi per combattere. Batte Tiamat, lo taglia in due e fa così il cielo e la terra. |
Pesci e uccelli | poema astronomico |
animali terrestri | Kingu che incita Tiamat a ribellarsi è incatenato e, come punizione, le sue arterie sono tranciate e l'uomo è creato dal suo sangue. |
È evidente che la Bibbia non deve assolutamente nulla alle
tavolette babilonesi malgrado gli sforzi dei commentatori per convincerci
che l'autore, quale che sia, di questo passaggio della Genesi, ha
preso le sue idee dai miti mesopotamici.
L'abisso primitivo
Quasi tutti i commentatori moderni della Bibbia affermano che "tehom",
la parola ebraica per abisso, che si trova in Genesi 1:2, è identica
alla parola accadica "tiamat ", nome del dragone
delle tenebre che Marduk uccise in un violento conflitto prima della
creazione del mondo. Così nella nota della Bibbia Osty si
legge: "L'abisso (tehom) delle acque… Il termine deriva
da Tiamat, personificazione del Mare nel poema babilonese della creazione…".
Tuttavia, un brillante linguista, il Prof. A.S. Yahuda[2],
scrive: "La sicurezza con la quale questa affermazione è avanzata
e l'ostinazione con la quale è
sostenuta non si basano su alcun fatto filologicamenete fondato,
poiché, al di fuori della similarità del suono tra
tehom e tiamat, nessun'altra prova di una tale identificazione
può essere avanzata".
Solo l'impresa delle tendenze mitologizzanti può spiegare
l'ostinazione per una interpretazione che ha così pochi argomenti
in suo favore. La parola tehom, dice Yahuda, non significa
null'altro che l'acqua primordiale, questo oceano che riempie il
caos.
La parola tehom dovrebbe essere avvicinata filologicamente
non a tiamat, ma ad un'altra parola accadica, tamtu,
parola che ritorna sovente in numerosi miti con il senso di oceano
primitivo, esattamente come tehom, e non come la personificazione
di una divinità come tiamat.
Il racconto del Diluvio
Se la teoria dei toledoth è vera, allora come spiegare che
nel capitolo 7 della Genesi i commentatori della scuola documentaria
abbiano potuto identificare due resoconti del Diluvio intrecciati
nel testo di questo capitolo, e persino tre nel caso di Astruc? Questo
capitolo 7 fa parte, come si è detto, della quarta serie di
tavolette, scritte o possedute dai tre figli di Noè: Sem,
Cham e Jafet e da loro firmate. La teoria dei due o tre autori presunti
si appoggia sulle ripetizioni dei versetti 18, 19 e 20:
-
"Le acque crebbero e divennero estremamente grosse sulla terra (18)
-
"Le acque aumentarono sempre più e coprirono tutte le alte montagne (19)
-
"Le acque si elevarono di quindici cubiti al di sopra delle montagne (20)
così come nei versetti 21, 22 e 23:
-
"Ogni carne che si muove sulla terrà perì (21)
-
"… tutto ciò che ha soffio di vita nelle narici morì (22)
-
"Ogni essere che si trovava sulla faccia del suolo fu distrutto (23)
Ora, la conclusione della tavoletta ci informa che più di una persona fu responsabile della redazione: "Questa è la storia dei tre figli di Noè" (10:1). E l'esame del testo mostra chiaramente che esso fu scritto da più testimoni oculari della catastrofe.
I critici documentari hanno accordato molta attenzione a questo racconto
del Diluvio giacché essi vi vedono la
"prova" di una copiatura dalla mitologia babilonese. Benché abbiano
avuto ragione di vedere più resoconti nel racconto, essi si
sono completamente fuorviati sull'identificazione dei veri autori.
Due racconti della creazione
L'ignoranza della natura delle sorgenti a partire dalle quali il
libro della Genesi fu compilato, ha portato i commentatori moderni
a scrivere cose come: "il secondo capitolo è
più antico del primo" o "l'ordine della
Genesi è errato", o ancora "ci sono due
racconti della creazione, ciascuno scritto dei secoli dopo Mosè".
Per la scuola documentaria il primo capitolo è stato messo
per scritto da un autore sconosciuto, o da un gruppo di autori,
circa nel secolo 8°a.C.. Gli argomenti esibiti in questo articolo
dovrebbero bastare a fare strame di queste affermazioni.
Ma, si domanda Wiseman, il racconto del primo capitolo ci dà un
indizio qualunque sulla data della sua redazione? Al che risponde
che, al di fuori delle datazioni per il colofono abituale, "esistono
vari indizi che possono aiutarci a precisare la collocazione cronologica
del primo capitolo della Genesi nell'Antico Testamento".
E ne dà la lista seguente:
1 |
Nessun anacronismo: "esso non contiene il minimo riferimento a qualche avvenimento posteriore alla creazione dell'uomo e della donna e a ciò che Dio aveva loro detto". Al contrario, la versione babilonese della creazione, per esempio, fa riferimento a degli avvenimenti di una data relativamente tardiva, come la creazione di Babilonia. |
2 |
Universalità: tutti i riferimenti di questo capitolo "sono universali nella loro applicazione e illimitati nella loro estensione". Non troviamo menzione "di nessuna tribù, nazione o paese particolari, né di alcuna idea o abitudine puramente locali. Tutto si riferisce alla terra intera o all'umanità senza menzione di razza". |
3 |
Semplicità: il sole e la luna, per esempio, sono designati semplicemente con "il grande e il piccolo luminare" (1:16). È ben noto che l'astronomia è una delle più antiche branche del sapere. Fin dai tempi più remoti i babilonesi avevano già dato il nome al sole e alla luna. |
4 |
Brevità: comparata alla lunga serie di sei tavolette per il racconto babilonese della creazione, la Bibbia utilizza un quarantesimo del numero di quelle parole. |
Wiseman pensa che quest'unica tavoletta priva del colofono abituale è il
racconto della creazione fatto da Dio stesso ad Adamo. Siccome Adamo
non raccontava in questo testo degli avvenimenti che lui aveva visto,
non poteva firmarli, benché ne fosse certamente e materialmente
il redattore. Questo testo, da 1:1 a 2:4, costituisce così il
primo libro del mondo, e il suo autore altri non è che Dio
stesso.
La totalità dei riferimenti del capitolo 1 non si ritrova nella seconda tavoletta (da 2:4 a 5:1). In questa seconda serie si trovano delle note storiche, sono nominati i fiumi, come pure i paesi. I minerali sono dettagliati. Questa, pensiamo, è la storia di Adamo raccontata da lui stesso. Non è una ripetizione del racconto del capitolo 1 e non è più antico, come vorrebbero farci credere gli "esegeti". L'autore dà anzitutto dei dettagli sulla creazione del primo uomo: il Giardino è piantato, sono fornite le indicazioni geografiche dell'Eden, gli animali sono nominati, etc. La tavoletta della serie 2 è completamente differente dal capitolo 1 per lo stile e il contenuto e sembra essere stata scritta molto tempo dopo.
Da Adamo a Mosè
Noi non conosciamo l'estensione della scrittura prima del Diluvio
ma, se la nostra tesi è esatta, conosciamo alcune cose dei
metodi letterari impiegati. La forma originale delle antiche tavolette
era tenuta per così sacra che i copisti e i traduttori successivi
la conservarono nei loro nuovi testi.
Le storie di Adamo e di Noè (e senza dubbio quelle degli altri
Patriarchi di prima del Diluvio) furono preservate nell'Arca e poi
portate nel mondo post-diluviano dai figli di Noè, che, secondo
le fonti compilate da Ginzberg[3], possedeva dei
libri.
Le storie sacre, che subirono delle traduzioni e delle possibili
traslitterazioni, furono portate dalla Mesopotamia (da Abramo e
la sua famiglia) e restarono in Canaan per il tempo del loro soggiorno.
Esse furono incrementate da ciascuna generazione. Infine, quando
Giacobbe emigrò in Egitto, egli portò
con sé queste storie. Alcune copie pervennero quasi certamente
negli archivi egiziani dove Giuseppe aveva accesso. Più tardi,
Mosè ebbe lui pure accesso a questi archivi e a tutta la saggezza
dell'Egitto (Atti 7:22).
Il compilatore avrà riassunto le storie dei suoi antenati,
redigendo delle note per il beneficio dei suoi contemporanei. Per
esempio, il nome di certe località di Canaan era cambiato
dal tempo di Abramo e così il compilatore doveva indicare
il nuovo nome dell'antico sito. In Genesi 14 troviamo degli esempi:
Versetto |
|
2 e 8 | Bala che è Segor |
3 | la valle di Siddim, che è il Mar Salato |
7 | la fontana del Giudizio, che è Cades |
15 | Hoba, che è a sinistra di Damasco |
17 | la valle di Savè, è la valle del Re |
Sembra che il compilatore abbia condensato fortemente i testi dei
suoi antenati. Le serie originali di Isacco o di Esaù, per
esempio, erano certamente molto più lunghe di quelle conservate
nella Genesi. Il compilatore mantenne solo ciò che a lui
sembrava pertinente e utile ai suoi lettori. Ma in nessuna parte
della Scrittura esiste la minima suggestione che Mosè abbia per
primo messo per iscritto i racconti e le genealogie della Genesi.
In questo libro non si trova alcuna asserzione relativa a Mosè sul
genere di quelle che sono ripetute così sovente nel resto
del Pentateuco, "il Signore disse a Mosé…".
Secondo Wiseman, l'assenza di questa frase nella Genesi è certamente
una chiara indicazione che quando essa è utilizzata negli
altri libri di Mosè, lo è in modo autentico ed esatto,
essendo il testo conservato nella sua purezza.
Ugualmente notevole è il modo in cui il Nuovo Testamento parla
dei libri di Mosè. "É un esempio significativo
della precisione con la quale i riferimenti agli autori sono fatti
nella Bibbia". Benché Cristo e gli Apostoli citino
sovente la Genesi, mai essi dicono che Mosè è l'autore
della frase citata. Ma quando la citazione proviene dall'Esodo e
fino al Deuteronomio, nel Nuovo Testamento si legge "Mosè dice…"
I libri più antichi del mondo
In conclusione, si può dire che la Genesi è
composta da una serie di alcuni dei più antichi libri del
mondo. Il Dr. Charles Taylor[4], linguista convinto
secondo Wiseman, ha identificato i "nove volumi" seguenti
che sono alla fonte del libro della Genesi:
I | Il libro di Dio, racconto delle sue azioni all'inizio di tutto (Gen. da 1:1 a 2:4a) |
II | Giornale di Adamo, confermante talvolta il volume I (da 2:4b a 5:2) |
III | L'albero e il giornale della famiglia di Noè (da 5:3 a 6:9a) |
IV | Dossier dei figli di Noè sul Diluvio (da 6:9b a 10:1) |
V | La dispersione e la Tavola delle Nazioni di Sem (da 10:2 a 11:10a) |
VI | L'albero della famiglia di Tharè (da 11:10b a 27a) |
VII | La biografia di Abramo, fatta da Isacco, con l'albero della famiglia di Ismaele in appendice (da 11:27b a 25:19a) |
VIII | La biografia di Isacco e dei suoi discendenti, fatta da Giacobbe, ivi compresa l'autobiografia di Giacobbe, con gli alberi della famiglia di Esaù in due appendici (da 25:19b a 37:2a) |
IX | La biografia di Giuseppe e dei suoi fratelli, fatta da Mosè (da 37:2b a 50:26) |
Conclusione
La prima pubblicazione di Wiseman risale al 1936, a Oxford. Essa
non è, sembra, stata oggetto di alcuna confutazione. No,
fu molto semplicemente ignorata dagli studiosi esegeti che nessun
dato potrebbe distrarre dalle loro elucubrazioni. La teoria documentaria è ora
completata, se si può dire, da una
"teoria dei frammenti" che vede nel Pentateuco una messa
in forma di multiple tradizioni veicolate in modo indipendente, e
dalla "teoria dei complementi" che postula l'esistenza
di un solo documento di base, in seguito ritoccato con l'aggiunta
di testi complementari. È
chiaro che le idee di Wiseman vanno contro tutta questa pseudo-esegesi
che altro non è che una macchina da guerra destinata a ridurre
la Bibbia al rango delle mitologie pagane. Questi esegeti devono
dunque mantenere ad ogni costo: (1) il principio di una scrittura
tardiva dei testi la cui qualità di testimonianza è così
indebolita; (2) il principio di una trasmissione orale, anteriore
alla scrittura, con tutte le sue possibilità di "abbellimento",
e (3) l'origine del testo nelle mitologie pagane, ma mai l'inverso.
In queste condizioni, come credere all'esistenza di un autore unico,
qui Mosè, ispirato da Dio per la redazione di un testo che
gode così
della inerranza? Con una tale esegesi delle fonti della Rivelazione,
la teologia non ha più un fondamento solido, il che sembra
esattamente lo scopo di tutta questa manovra: "liberare" la
teologia.
Mostrando che la scrittura è contemporanea dei primi istanti
della civilizzazione, che tutti i principali personaggi della Genesi
hanno scritto essi stessi la loro storia e che tutti questi documenti
sono pervenuti nelle mani di Mosè che ne ha assicurato la
messa in forma che conosciamo, Wiseman distrugge alla base le ipotesi
degli "esegeti" patentati. Seguite il consiglio dato all'inizio
di questo articolo: eliminate l'introduzione al libro della Genesi
nel vostro esemplare di Bibbia e apprezzerete la Parola autentica
di Dio.
(Questo articolo è un adattamento dell'articolo "The
Toledoths of Genesis" di Damien F. Mackey, che si
è a sua volta ispirato al P.J. Wiseman il cui libro "Ancient
Records and the Structure of Genesis" è quasi introvabile.)
[1] Il colofono è la nota finale
di un'opera scritta, che fornisce i riferimenti di quest'opera
e dà delle indicazioni relative alla sua impressione.
[2] Yahuda A. The Language of
the Pentateuch in its Relation to Egyptian (Oxford, 1933).
[3] L. Ginzberg, The Legends of
the Jews, Vol V (Philadelpia, 1955) pp. 196-197.
[4] Dr. Charles Taylor, The Oldest
Science Books in the World, Assembly Press (1974)