Testata


BREVE STORIA DI CRETA
 - PRIMA DINASTIA -

Science et Foi n° 81  - ottobre 2006


Questa breve sintesi è tratta del primo volume dell'opera di Crombette Luci su Creta. Vedremo che questa storia è strettamente legata alla Bibbia, anzitutto perché è grazie alla Bibbia che F. Crombette ha potuto tradurre i geroglifici cretesi poiché Mosè dice nella Genesi che i Cretesi o Caftorim erano descendenti di Misraïm, fondatore dell'Egitto. Essi possedevano dunque la stessa lingua e lo stesso sistema di scrittura degli Egiziani, cioè il copto che è una grafìa basata su rebus, come ha stabilito Crombette nella sua opera egittologica. Inoltre, egli ha stabilito una cronologia cretese che conferma quella biblica anche perché la storia del patriarca Giuseppe appare in alcune iscrizioni relative a dei re di Creta. Come vedremo in seguito, Crombette è stato portato a pensare ad un metodo di traduzione della Bibbia con il copto a causa del doppio miracolo operato da Giuseppe mentre presiedeva ai funerali di suo padre Giacobbe in Terra Santa durante i quali fermò le acque del fiume Arish per lasciar passare il convoglio funebre, miracoli che apparivano nelle iscrizioni cretesi ma non nelle traduzioni abituali del passaggio corrispondente della Genesi.

Geograficamente, Creta è una lunga isola a sud della Grecia ed a nord della Libia. Tuttavia, prima del Diluvio, il mar Mediterraneo non era formato e Creta era collegata ai due continenti che sono ora l'Europa e l'Africa. Il fatto è confermato dalla scoperta di ossa di elefanti negli strati profondi degli scavi di Creta. Uno dei quattro fiumi del Paradiso terrestre, il Phison, costeggiava Creta a sud prima di sfociare nell'Oceano Pacifico, all'epoca del continente primordiale unico, dopo aver attraversato il Sahara e l'America Centrale.

La storia di Creta inizia con la sua occupazione da parte degli Ionici, che erano descendenti di Jafeth, e poi degli Egiziani condotti da Seth-Naphtuim o Nettuno che scoprì l'isola nel corso delle sue navigazioni nel Mediterraneo. Crombette ha mostrato che la dispersione di Babele risale al 2198 a.C. e che gli Egiziani, condotti da Misraïm, hanno occupato il Delta del Nilo nell'autunno dello stesso anno. Il popolamento di Creta, con una colonia egiziana guidata da Seth, da Mounikhia, prima moglie di Ménès, e dal suo figlio ancora minorenne Athothès II, ebbe luogo nel 2170. Il nuovo stato, in cui furono incorporati agli Jafetiti già presenti, fu chiamato da Ménès Acaia. Esso doveva ricoprire per lunghi secoli la signorìa del Mediterraneo.

Essendo Seth ripartito per altre campagne marittime, in particolare nell'oceano Indiano, fu la moglie, Mounikhia, che governò inizialmente Creta, e lo fece con una virilità che garantì a suo figlio un'autorità incontestabile. Alla sua morte, fu dunque considerata come la grande dea dell'isola. Il suo culto ne varcò i confini e sfondò anche in Grecia, tanto che gli Ateniesi avevano dato il suo nome al porto di Atene; ecco perché la si è ritenuta a torto una divinità specificamente greca.

Essa è una dea polimorfa, come lo erano le sue attitudini: è innanzitutto Diana cacciatrice o Artemide, come la rappresentano dei sigilli cretesi. È la Britomartis che favorisce la caccia. È anche guerriera: alcuni sigilli la rappresentano armata della doppia ascia o bipenne che è specificamente cretese. La si chiama anche Karyatis, quella che protegge la testa, poiché è certamente a lei che bisogna far risalire l'impiego del casco cretese a lamelle metalliche che un sigillo rappresenta vicino a lei. È la terribile Mounikhia, dea della vendetta e dei castighi delle colpe. Avendo lasciato il marito per fare da guida al figlio nel governo di Creta, è rappresentata anche come dea della castità. Tuttavia, essendo pure la madre di una grande razza, è raffigurata con molte mammelle. Ella è anche Pasifae, figlia di Misraïm-Rê, il primo re-sole d'Egitto e sposa di suo fratello Ménès, successore di Misraïm e primo re dinastico, adorato come generatore di re sotto la forma di un toro, da cui la leggenda del Minotauro.

Il suo nome Mounikhia si può interpretare "l'acqua che porta abbondanti mietiture". A questo titolo, viene invocata dagli agricoltori come la provvidenza divina Opis. È anche quella che dà la vita, Zoé. Ella trascina le navi con la vela di Artemon e conduce al porto i navigatori sani e salvi. In quanto Diktynna, favorisce la pesca con le sue reti (che si dicono Diktyon), e una città e un monte di Creta, Diktè, hanno conservato il suo nome. È anche Naias, la divinità delle acque attorno alla quale si raggruppano le ninfe per darsi ai piaceri del bagno, della danza e del canto. Il sistro, largamente usato a Creta, è il suo strumento musicale. É anche la custode delle porte e presiede ai càrdini. È la ninfa Ekho. É lei che ha introdotto a Creta il fiore di giglio che sarà quello dei re di Creta, poiché suo padre Misraïm è Rê-Rêi, che è anche il nome del fiore di giglio. È Proserpina o Perséfone, il cui nome significa: "quella la cui voce distrugge e annienta", e  uno di suoi descendenti, il saggio Radamante, è giudice degli ìnferi. Mounikhia è universale, e se di lei si parla così poco in Egitto, è perchè è stata tutto in Creta.

Si può conoscere la data della sua morte dal nome dell'undicesimo re della prima dinastia salito sul trono nel 1947 il cui nome può infatti trascriversi: "È divenuto re all'epoca in cui si faceva un sacrificio per piangere la morte della regina suprema iniziale, Mounikhia." È dunque morta probabilmente nel 2147, che corrisponde sensibilmente alla morte di Misraïm e all'avvento di Ménès come sovrano dell'Egitto. Si comprende perché non è rappresentata con suo marito nelle liste egiziane.

Essendo Mounikhia stata rappresentata allegoricamente come la donna di un toro, era logico fare di suo figlio un essere ibrido metà uomo e metà toro, il Minotauro. Questi fu il grande dio di Creta. Athothès II morì però come sovrano dell'Egitto nel 2069, all'età di 110 anni, come mostra il Libro dei Nomi dei Re d'Egitto. Aveva lasciato Creta alla morte di Ménès nel 2114 dopo esser rimasto 55 anni a Creta e aver governato 49 anni e mezzo. Il suo successore salì sul trono ad un'età abbastanza avanzata vicina ai 50 anni e la durata dei regni posteriori si è così trovata ridotta.

Il fondatore della regalità cretese, che le liste greche relative all'Egitto chiamano Athothès o Athothis II, Kenkenes o Kenkenessos, Curudès o Kourètis, ha un nome cretese che permette di precisare che egli fu un gigante e che ebbe una vita lunga; che inoltre scoprì il Labirinto, o caverna piena di gallerie nel monte Iukta, e che costruì la sua capitale Knosso vicino a questo monte. Il nome della città è quello dell'oca poiché quando fu tracciato il suo contorno venne praticata l'ornitomanzia, cioè si liberavano delle oche per osservarne il volo e trarne gli auspici. Ora, "lasciar partire le oche" si dice in copto Kenkenessos. Athothès fu dunque certamente all'origine di questa pratica, per lo meno a Creta, a meno che non l'abbia vista praticare in Egitto dove pure tale pratica fu in uso.

Nel suo nome si trova anche Mele Cepi A, che è rappresentato da una seppia, il mollusco marino che si protegge dagli attacchi spargendo in acqua un liquido nero. Se il re lo ha messo nel suo nome, è perchè è lui che ha avuto l'idea di trarre dall'animale l'inchiostro che si chiama nero di seppia. Il nome si trascrive d'altronde in greco con Melasepia che significa nero di seppia.

Athothès introdusse anche a Creta i giubilei periodici, cerimonie magiche praticate per d'ottenere dell'acqua, poiché le parole Hiêi Senti Djanê Coous comprese nel suo nome possono tradursi: "Quello che è venuto a fare il rito antico delle parole dell'acqua abondante". Ciò può essere confermato dal nome stesso di Athothès che può comprendersi: "Ha fatto come Thoth". Ora, noi sappiamo dall'opera egittologica di Crombette che Thôth o Ludim aveva istituito in Egitto i giubuilei trentennali per ottenere la pioggia.

Anche la moglie di Athothès ebbe la sua celebrità: fu lei che scoprì il modo di estrarre la seta dal bozzolo e di tessere tele preziose, ecco perché è simbolicamente rappresentata da una farfalla ad antenne multiple ed ali decorate. Il nome della regina si può comprendere: "Ekhô, la ninfa libica ha bucato il rotolo di filo che racchiude il baco da seta, l'ha svuotato, ha sciolto i peli fitti del verme, li ha immersi in un bagno e li ha messi in un bell'insieme". Da notare che Ekhô significa ronzìo e ronzìo si dice in greco Bombos da cui è venuto bombyx, insetto ronzante. É possibile che Ekhô fosse libica poiché Ménès, il padre di suo marito, aveva avuto il suo primo reame d'Egitto contiguo alla Libia che i suoi sudditi avevano dovuto contribuire a popolare.

Rientrando in Egitto nel 2114, Athothès lasciava il trono di Creta al figlio. È probabile che il figlio fosse stato già prima associato al potere, giacché ha potuto nascere verso il 2163 e, alla morte di Mounikhia verso il 2147, aveva raggiunto sensibilmente la maggiore età. Poteva di conseguenza essere messo dal padre al corrente degli affari del regno e riempire il vuoto prodotto dalla scomparsa della madre. É lui che le liste cretesi contano come capo della prima dinastia. Il suo nome è il più lungo dei nomi reali; e si legge:

"Il primo di una casa di una moltitudine di re veri; è il titolo di capo genealogico. - Il primo signore dei flutti, cioè il signore del mare e il primo di una serie di re del mare. - Quello che ha il segno del toro, ossia quello che il Minotauro ha designato. - Colui che ha il potere di riunire per piegare il ginocchio davanti alle immagini; è l'affermazione del potere religioso del re. - Colui che fa abbondanti mietiture per gli adoratori delle immagini, cioè colui che, con delle cerimonie giubilari, assicura l'abbondanza. - Colui la cui parola mette la nazione in movimento; qui si vede il capo militare.  - Il vero rampollo del padre Mènes e della regina-madre: affermazione di legittimità d'origine. - Il signore di due specie uguali; si tratta di due razze, l'achèa e l'egiziana, fuse in un regno.  - L'importanza dell'aratro che fa le mietiture superiori a quelle dell'inizio. L'aratro era stato inventato in Egitto da Luhabim verso il 21255; il nostro re ha dunque potuto esserne l'importatore in Creta. - Quello che ha stabilito di fare dei porti di mare.  - Colui che ha moltiplicato i carri rapidi.  - Quello che ha una moltitudine di navi. - Colui che è arrivato fin dove va ciò che scorre; in altre parole, che è andato fino alle estremità del Mediterraneo.  - Colui che si è reso il signore delle ricchezze del mare, ossia quello che aveva il quasi-monopolio del commercio mediterraneo. Infine, Lo sposo della regina che ha scoperto che una mosca produceva del miele.

L'inizio del suo nome può comprendersi anche: "Il capo ha fatto due asce unite". Sarebbe dunque l' inventore della doppia ascia o bipenna che appare nel suo nome. Il nome cretese della regina, che è la ninfa Melissa significa: "A un'epoca antica, Melissa ha avuto l'intelligenza di prendere il nido della mosca da miele e, separando il rivestimento di cera, di fare dono di quello che è delizioso da succhiare". Il suo nome si comprende anche: "Quella che il capo desidera e vanta grandemente, che passeggia con suo marito sul bordo di una riva tormentata, ha pensato di fare dei monumenti a mezzo di rocce". È il taglio del marmo che è abbondante nelle isole Mousagoroi.

Il re istituì anche la funzione di gran-sacerdote con la missione particolare di praticare tra altri il culto di Seth-Poseidone-Nettuno e il rito della benedizione del mare per tentare di calmare le tempeste. Nello stesso ordine di idee, la regina Melissa ebbe senza dubbio una parte importante nello stabilire il culto divino reso alla bipenne inventata da suo marito, poiché è detto che il suo corpo riposava nel tempio dell'ascia.

Il fondatore della prima dinastìa dovette morire verso il 2097. Egli fu divinizzato sotto il suo soprannome di Phorkys, attribuito in seguito per errore a un antico re di Corsica preteso padre di Medusa e di Gorgone; ora, Medusa è incontestabilmente una regina di Creta, e Phorkys, suo antenato e non suo padre, è dunque Cretese.


Il secondo re della prima dinastia regnò dal 2097 al 2081 circa. Il suo nome comprende un falcetto con manico che egli avrebbe inventato. In effetti, all'origine, si lavorava il legno con scalpelli di selce tagliata. Il nome del re si comprende: "Quello la cui grande sollecitudine ha salvato delle ferite le dita dei carpentieri."

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Nel nome del re si trova anche una tomba doppia a ogiva specificamente cretese (disegno). Questo modo di costruzione, tanto impiegato nel medioevo e che ha preceduto l'arco a tutto sesto, sarebbe dunque l'invenzione del secondo re della prima dinastìa cretese.

Da un'altro sigillo del re Crombette ha tratto il testo seguente: "Il re che ha l'intelligenza della navigazione ha cominciato a mettere molti uomini sui banchi da rematori per tirare sull'acqua la flotta, ciascuno sollevante dei lunghi bastoni insieme e a tempo; dei prigionieri sono stati messi in doppio nella stiva, tiranti ugualmente a tempo dei lunghi bastoni che essi sollevano ugualmente insieme, e ciò ha raddoppiato il percorso". Il re è dunque l'inventore delle galere a più ranghi di rematori. Questa invenzione permetteva al re di dire che, ai confini del mare, le sue flotte portavano senza concorrenza e con celerità i tesori e i profumi dalle regioni del mezzogiorno. Così, fin da quell'epoca lontana, Creta si era attribuita il monopolio del commercio marittimo nel Mediterraneo.

Il nome reale ha ancora un'altra interpretazione: "Il re amato dalla sua sposa che ha fatto, con un paio di piatti incavati, delle corde e una colonna eretta, ciò che conviene per pesare giusto".  É la descrizione della bilancia, inventata dalla moglie del nostro re e che si chiama: "Quella che ha avuto l'intelligenza di ciò che serve a pesare". Il suo nome si traduce anche: "Ella ha immaginato, per dare il valore alle mercanzìe, di mettere al centro una colonna e, a coppia, dei bracci, dei nastri e dei cerchi uguali".

La regina è rappresentata, su un cratère dell'epoca, mentre offre la sua invenzione al marito di rientro da un viaggio con suo nonno Athotes II°, ancora vivente, in un carro tirato da un cavallo.  Così il nostro sovrano si dice: "Il re amato da quella che egli ha preso per moglie legittima e che ha avuto l'attenzione di offrirgli, al termine del suo viaggio, il mezzo che lei ha apportato ai mercanti per verificare la regolarità del peso delle cose". E ancora: "La bocca sincera, che possiede il potere supremo di onorare, ha molto celebrato la sposa che, contando regolarmente, ne ha fatto aumentare molto l'argento". Il che lascia supporre che, fin da quell'epoca lontana, i metalli preziosi erano impiegati in Creta per il pagamento delle mercanzie. Ciò non implica necessariamente l'uso di pezzi di moneta propriamente detti, ma almeno l'introduzione di campioni di valore che preparano all'impiego della moneta. Il nome cretese della regina Satitahé ha dato il greco Statos, che sta in equilibrio, e la parola Statère, peso.


Il nome del terzo re della prima dinastia si legge: "Versare dell'acqua produce una grande abbondanza di inondazione e una grande abbondanza di nutrimento per gli adoratori che fanno un sacrificio al tempio del primo degli dèi, molto celebre tra gli dèi, che spande questi doni sulla moltitudine dei suoi adoratori nel tempo segnato". Egli regnò dal 2081 al 2064. Si vede che aveva elevato un tempio all'antenato della razza. Ciò è confermato da un sigillo comune al terzo e al quarto re della prima dinastia dove è detto dal quarto re: "Il rampollo del capo potente, dio del cielo, a cui egli sacrifica, che ha condotto la moltitudine disposta per classi degli adoratori dei re morti alla solennità celebrata alla caverna in onore dell'immagine del capo degli dèi, del fondatore che colpisce fino all'estremità.  Il vero re, figlio del dio del cielo, il capo supremo della truppa dei sacerdoti della statua del primo capo, che ha portato gli adoratori verso il grande dio della nazione che ha prodotto una branca genealogica di numerosi figli conduttori degli adoratori di immagini". Con ciò, il quarto re della prima dinastìa si dichiara figlio del terzo re, che egli ha divinizzato, e al quale ha sacrificato unitamente al fondatore della razza. 


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Sull'altra faccia del sigillo, si trova una vera svastica, non un incrocio geometrico uncinato, ma una grafìa molto più vicina alle origini. Si può trovare col copto il significato della svastika: "Figura in onore del dio fondamentale"; che possiamo avvicinare al greco sebastikos il cui senso è simile: "Preso da un sentimento di timore rispettoso per Dio". Si possono trovare anche altri sensi per omonimia in copto: "Quello che ha fatto un tempo la moltitudine delle cose con peso e mesura" - "Figura contro la maledizione" - "Il culto della figura che salva", il che è una prefigurazione della croce del Cristo.

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Il nome della regina si può tradurre: "La corona è ornata all'intorno da una fila di pietre preziose, da una grande piuma al vertice, da un ramo intagliato in argento e da una ghirlanda di fiori in cerchio simili". É la descrizione completa del diadema reale cretese, formato da un cerchio di metallo prezioso dov'erano incastonate delle pietre e sul quale vi era una ghirlanda di fiori di giglio in argento che sormontava al centro un fiore simile ma più grande terminato da una piuma molto lunga. È dunque alla nostra regina che bisogna attribuire l'idea di questo tipo di corona. Il suo montaggio aveva un significato magico, un senso esoterico che dev'essere, secondo il nome della regina: "Che soggioghi! Che abbia potenza! Che sia elevato, gradito alla nazione! Che abbia una casa numerosa di re regolari! Che sia onorato! Che possieda! Che dia gli ordini da sovrano!"


Il quarto re della prima dinastia ha regnato dal 2064 al 2047 circa. Il suo nome può comprendersi: "Quello che ha prodotto dei rampolli molto grandemente gloriosi: le giovani che proclamano le ore facendo il giro del tempo fissato di cui esse danno la regola". I nomi di donne che è possibile trarre dal suo nome grecizzato sono: Iakhè e Baltè, due ninfe, Hebè, dèa della giovinezza, Akmè, è il femminile di Akmon, sorta di lupo presente a Creta, Naïas, è anche lei una ninfa, e Aïa è Circe, la ninfa maga. Esse erano originariamente delle donne di alto rango. Le ore mitologiche si chiamavano in greco:
Eunomia, che simbolizzava l'ordine;
Dikè, la giustizia;
Eirèné, la pace;
vi si aggiungevano le tre Grazie: Aglaia, simbolizzante la bellezza; Euphrosynè, la bontà, e Thalia, l'abbondanza.
Sembra che vi sia disaccordo tra le ninfe tratte dal nome grecizzato del re e le ore mitologiche, ma non è che un'apparenza che scompare se si ritorna al nome in lingua copta:

Iah = Multitudo ordine disposita = Le numerose disposte in ordine;
Schau Ep = Modus Numerare = Regola, Numerare = La regola del numero; che simbolizza Eunomia, giacché l'ordine non è altro che la regola delle cose numerose;
Heldje = Benignus = Benevolo; e l'attributo di Euphrosynè è la benevolenza;
Fosch = Abundare = Avere in abbondanza; e qui noi troviamo Thalia;
Maschi = Libra = Equilibrio, Bilancia della giustizia; il che è simbolizzato da Dikè;
Nhe-Ha = Reconciliare-Adversus = Riconciliare-Avversario = Riconciliare gli avversari; è il fatto di Eirenè, la pace;
Saï = Pulcher = Dotata di bellezza, l'attributo di Aglaia.

Non v'è dubbio che abbiamo qui le sei dèe delle ore, di cui i Greci hanno parafrasato i nomi nel momento stesso in cui ne modificavano l'ordine di successione. Ma il Cretese, così come ci ha consegnato le denominazioni primitive esatte delle sei ninfe e il senso allegorico dei loro nomi, ci permette di ristabilire razionalmente l'ordine turbato dalla mitologìa greca:
Il nome della ninfa Iakhè, Hie Schau, si trascrive:

Hihe Scha Haou
Coram Ortus Dies
In presenza di Levare Giorno;

"In presenza del levar del giorno"; è la prima ora, che va, all'equinozio, in una divisione del periodo quotidiano di luce in 6 parti, di 6 o 8 delle nostre ore. Baltè o Beldje si trascrive:

Ber (ber) Djiei
Calidus Ferire
Caldo Aprire o colpire;

"Il calore comincia a colpire"; è in effetti tra le 8 e le 10 del mattino (la seconda ora) che il calore comincia a farsi sentire fortemente nei paesi orientali.

Hébé corrisponde a É-Pasch ,trascritto:

È Phaschi
Ad Medius
Fino a Mezzo;

"Fino a Mezzogiorno"; è, in effetti, il compimento della terza ora: dalle 10 alle 12.

Akmè si ritrova, rovesciata, in Maschi, giacché, in questo momento, il sole cambia senso; Maschi, si traducepondus, il peso del giorno. Dalle 12 alle 14 è appunto il momento più pesante della giornata; la quarta ora è quella della siesta.

Naïas, è Nei, trascritto Hen-Ei = Approximare-Exire = "L'approssimarsi dell'uscita"; dalle 14 alle 16, quinta ora.

Aïa, preceduta dalla s eccedente in Naïas in rapporto a Henei, è Hthai, pronunciata Saï e trascritta Thaê = finis, la fine; l'ultima ora, dalle 16 alle 18.

Questa tabella mostra che, nell'antichità, i nomi corrispondevano agli oggetti ai quali si applicavano, erano cioè i veri nomi delle cose. Così sappiamo che è sotto il regno del nostro re che si divise il giorno propriamente detto in sei parti uguali. E così come le ninfe danzavano in tondo nelle radure, le figlie del re di Creta formavano la ronda delle ore.

Il nome del re, grecizzato, può significare: "Jason ha migliorato la lunghezza del tempo stabilendone uno più nuovo"; il che conferma quanto abbiamo esposto, e la fine del suo nome, dopo ciò che riguarda le ore, si traduce: "Egli ha scoperto che la superficie di una cuvetta la cui parte inferiore era una cavità a forma di noce, darebbe alle case una lettura uguale". Si chiamavano case o mansioni le tappe percorse dagli astri come delle staffette su una strada.

Questa scoperta è relativa allo gnomone la cui ombra si proiettava su una superficie piana. Essendo però il cammino del sole nello spazio sensibilmente circolare, le ore di durata uguale che si ritagliano mentalmente sulla sua orbita vi determinano degli archi di lunghezza uguale; ma l'ombra portata dallo gnomone sul suolo alle diverse ore non varia proporzionalmente a questi archi: molto lunga il mattino, essa diminuisce progressivamente per essere nulla a mezzogiorno il 21 giugno all'equatore.  Il tratto di genio del re è stato di dare alla superficie del quadrante la stessa curvatura dell'orbita solare.

Questo quadrante solare concavo è stato chiamato Polos, Scaphis, Scapha, Scapium; e se i Caldei furono tra i primi ad adottarne l'invenzione, è a torto tuttavia che si è attribuita loro la paternità. Il cretese, se compreso, ci permette di restituirla al nostro re minoico, e noi sappiamo, dal tempo ora conosciuto del suo regno, l'epoca della sua invenzione. Si capisce, per di più, che la bellezza di questa scoperta astronomica sia stata marcata nell'antichità dalla graziosa affabulazione delle ore identificate con le ninfe, figlie del re: nel fondo della cuvetta emisferica, infatti, le ore girano in tondo.

La "scafa" aveva una tale importanza che veniva portata in testa nelle processioni, come ricorda il rituale: "Mettere davanti l'apparecchio per calcolare il tempo inventato dal primo Epimenide e che ha prevalso su quello che era stato fatto all'inizio". E il gran-sacerdote dell'epoca si gloriava di aver intronizzato "quello che è stato capace di inventare la conchiglia della successione dei tempi".

Un geroglifico del nome di Giasone si traduce ancora: "Baltè ha emesso un grande grido quando il suo sguardo penetrante si è accorto di ciò che c'era all'interno". Che significa? É che il nome di Baltè (Bel-Dje) si può trascrivere in copto Baldje, che significa testa, ostrica, e ciò che provocò lo stupore della principessa, è la scoperta di una perla nell'ostrica. Del resto, è senza dubbio perché è stata lei a fare questa scoperta che il suo nome è quello dell'ostrica. Siccome il padre di Baltè ha menzionato il fatto nel suo nome, è in quel tempo che lei ha la scoperto le ostriche perlifere lungo le coste di Creta e che ha istituito il mestiere di pescatore di perle.

Il nome reale si trascrive ancora: "Epimenide, di cui un germoglio femminile ha estratto dall'ostrica una cosa di un biancore scintillante, è certamente il re delle estremità; egli ha vinto i re dei Popoli del mare ed ha loro impedito di precipitarsi urlando nalla casa".

Epiménide I° ebbe per successore un altro Epiménide il cui nome completo si traduce: "Kourès ha ordinato al capo di lasciarlo dormire vicino al toro selvaggio cinquanta e sette tempi; quando ciò sarà compiuto, egli si risveglierà alla vita".

Troviamo qui una conferma alla tradizione greca del mago Epiménide. Il toro selvaggio di cui sopra è il Minotauro, conservato nella grotta-labirinto del monte Ioukta. Il soprannome di Kourès è stato dato a Epiménide non solo perché ricorda il nome di Creta, Krès, ma soprattutto perché Kourès significa: che ha la barba e i capelli troppo lunghi e che ha bisogno di essere rasato. Il nome di Kourès, Kourètès, fu esteso ai sacerdoti cretesi, senza dubbio perché lasciavano crescere i capelli e la barba come Epiménide.

Si possono trovare ancora tre altre traduzioni del suo nome:"La vita di Epiménide è andata a 100 anni e oltre". Il nome intero di Epiménide supporta un'altra traduzione che è: "La prima moglie di colui che impone delle ordinanze gli ha detto di raddoppiare gli animali davanti ai carri"; questa disposizione dava ai carri cretesi la superiorità sui campi di battaglia.

Il nome di questa regina si legge: "Quella che è posta presso il re gli ha dato questo consiglio: in precedenza, un unico cavallo andava attaccato per trasportare gli uomini al combattimento; raddoppiando i cavalli, una grande rapidità sarà acquisita dai combattenti".

Ciò è confermato dal nome del terzo gran-sacerdote: "I carri di Kourès, divenuti veramente potenti, apportano al re i frutti della vittoria".

Ci si può chiedere contro che erano utilizzati questi carri. Sembra contro i Libici. Ciò è confermato dall'osservazione seguente tratta del manuale di Preistoria generale di Furon: "In tutto Sahara, si trovano incisioni e pitture che rappresentano carri tiati da cavalli al galoppo."

Epiménide II° è stato il grande stregone di Creta e forse il più grande mago di tutti i tempi, giacché il suo sonno volontario di 57 anni supera tutte le prodezze dei fachiri conosciuti. Egli ha lasciato ai suoi successori un certo numero di usanze magiche che si sono diffuse nel mondo orientale. É lui che dava alle figure un tracciato grossolano (Nei Hthai) per allontanare il malocchio (Neh He Thei) causato dagli avversari, e questo farebbe comprendere il tracciato piuttosto sciatto delle antiche scritture alfabetiche, antimagiche per principio. Uno dei suoi sigilli si traduce: "Contro gli uomini malvagi e in vista di estendere ciò che è buono, Epiménide ha prescritto una maniera di rigettare il male, che è di allontanarsi dalla fossa andando all'indietro; questo mezzo distrugge il potere degli uomini che emettono delle parole malvagie; sono queste le parole di quello che è mago più degli altri". É dunque da Epiménide che daterebbe l'usanza di uscire dal cimitero camminando all'indietro. Un altro sigillo ha per lettura: "Epiménide ha imposto l'ordinanza di dire in doppio le parole funeste per renderle favorevoli; di invertire la prima e l'ultima per allontanare il malocchio e perché esse siano propizie; dopo la morte, di uscire all'inverso per rigettare ciò che causa la morte". Questa prescrizione fa capire perché si veda frequentemente sui sigilli cretesi l'inizio del nome reale riportato alla fine e all'inverso.

Da un altro sigillo, ancora dello stesso re: "Egli ha imposto come ordinanza che conviene ai pescatori e ai negozianti, per evitare i naufragi, di consacrare della carne e di sospenderla in una cassa per cose preziose alla loro nave". È qui l'origine di un'estensione più grave di questa pratica che consisterà nel gettare un uomo a mare nella speranza di calmare la tempesta, come si vede nella storia di Giona.

Epiménide è anche il padre del "rhyton", il vaso a forma di testa di animale o di corno utilizzato per le abluzioni purificatorie che è stato preso per un vaso per bere di origine greca. In Creta, il rhyton a testa di toro aveva inoltre un senso ben più significativo di quello di semplice rito purificatorio; il suo nome si traduce: "La terra che è al centro del cerchio regna su un grande mare fino alla sua circonferenza".  Cioè: "Che Creta sia regina in Mediterraneo".

Infine Epiménide ha al suo attivo un'istituzione molto meno benigna: la pratica cretese di immolare al Minotauro sette ragazzi e sette ragazze. L'immolazione si faceva attorno alla statua di Epiménide. La ragione, di ordine magico, era che "il nutrimento del paese è la retribuzione dell'olocausto di sette giovani dei due sessi". Certo, la pratica dei sacrifici umani non datava da Epiménide, era già in uso in Egitto fin dall'anno 2176 in cui Thoth aveva prescritto di uccidere migliaia di vittime nei giubilei trentennali, vittime che erano generalmente dei nemici vinti. Il carattere particolare del rito cretese, è che i sacrifici erano nazionali e annuali.


Il sesto re della prima dinastìa regnò probabilmente dal 2031 al 20143. Il suo nome si traduce: "Il rampollo potente e glorioso di Baltè e di Epiménide ottiene dagli dèi che facciano piovere sui campi per fare che le messi siano sempre più grandi". Si traduce anche: "Attendere, per rompere il sonno del grande mago supremo, il tempo che egli ha indicato nella sua potenza per essere risvegliato. Al fine di diminuire i disordini, dei chiodi sono stati affondati nella porta del tempio segreto del toro dove egli è deposto".

Un altro sigillo ci dà ancora: "Il figlio primogenito di quello che ha l'intelligenza della vita e che è uscito da Baltè, Epiménide, del quale ha preso il potere come ausiliario e di cui rispetta con cura estrema il riposo durevole; il rampollo regolare del re della caverna segreta, dimora del grande dio".

Le precisioni contenute in questi due testi, in particolare il dettaglio molto pragmatico dei chiodi conficcati nella porta del tempio e il fatto che il re si consideri solo vicerè di suo padre, dimostrano che il lungo sonno di Epiménide, da tutti ritenuto leggendario, è stato una realtà.

Il sigillo precitato ha, inoltre, un senso esoterico, che è il seguente: "Permetti, o Gran Vivente, che Epiménide, il rampollo di Baltè, possa vivere al pari di Scho (latino Cos); da' dei segni perchè questo voto si realizzi e la sua vita si estenda avanti nel tempo più di quella del primo, al di sopra di quella dei capi antichi morti, divenuti grandi dèi".  Crombette mostra che Scho dev'essere Cham, l'antenato comune degli Egiziani e dei Cretesi, che avrebbe vissuto 298 anni.

Il settimo re della prima dinastìa è, come il suo predecessore, stato custode del sonno di Epimènide durante il suo regno che ha dovuto estendersi dal 2014 al 1997, poiché il suo nome si legge: "Quello che porta lo scettro in doppio con Epiménide, il mago che compie il suo riposo".

Il fatto che il nostro re dichiari di portare lo scettro solo in-vece di Epiménide proverebbe da solo che egli era ancora vivo sotto il regno del suo secondo successore, alla morte del quale il mago dormiva già da oltre 33 anni. Il gran sacerdote dell'epoca dice, dal canto suo: "Il capo supremo venuto dai grandi re, Kourès, riposa nella parte interna dell'oscura dimora dove si adorano i grandi celesti; il cuore è deficente, egli sembra in sonno. Il capo dei sacerdoti veglia sul capo supremo". O ancora: "Quello che ha degli sguardi per Kourès che si è reso signore della vita, che è immobile, che ha deboli soffi di vita, che abita da solo sotto la vòlta".

Le precisazioni date dal pontefice provano che il sonno di Epiménide era osservato da molto vicino e che non è stato confuso con la morte.

Nel suo sigillo, il re si dice: "Il successore a metà del capo che dorme nella parte ultima della caverna piena di oscurità le cui curve segrete sono conosciute da due soli". É una nuova conferma che il re non era che il sostituto di Epiménide dormiente. Sappiamo così che due persone soltanto (che non potevano essere che il re e il gran sacerdote) conoscevano il segreto della caverna del Minotauro. D'altronde, il sovrano pontefice si dichiara: "Il sacerdote del gregge degli adoratori ai templi degli dèi che fanno la tranquillità sul mare e la superiorità".

Il regno del nostro re fu dunque senza storia, conservando Creta la sua supremazia marittima incontestata.


Il nome dell'ottavo re si legge: "Colui che ha preso il potere di Kourès", ed in trascrizione allegorica: "L'altro guardiano che attende il ritorno del re che sembra morto".

Quando il nostro ottavo re morì, dopo aver regnato 17 anni, Epiménide dormiva da almeno 50 anni. Il sigillo reale conferma, da parte sua, che Epiménide riposa sempre similmente a un morto.


Il nome del quarto successore di Epiménide il nono re, si legge: "Sei tempi a partire da quello in cui il rampollo di Epiménide ha comandato al mare, il prìncipe della vita dalla parola potente è morto". Ma il nostro re è salito sul trono nel 1980. Epiménide è dunque morto nel 1974-1975. Il suo nome ellenizzato si comprende: "Egli è stato inizialmente assiso accanto a Epiménide; in seguito, egli si è reso il solo capo". E uno dei sigilli del re dice similmente: "Superando il tempo segnato in cui fu utile al popolo, Epiménide vi ha aggiunto un tempo rallentato fino alla sua fine".

Infine il nome di sua moglie si legge: "Avendo deposto la regalità, l'ispirato, grande nella sua penetrazione di ciò che è nascosto, il prìncipe della vita, grande in saggezza, si era riposato. Sei tempi a partire da quello in cui il suo rampollo ha comandato al mare, Epiménide, come aveva annunciato, si è alzato e si è riposato, morto".


Il nome del decimo re si può leggere in due modi diversi, e mostra che ha eretto un monumento funerario a Epiménide: "Il capo che ha trascinato la moltitudine delle pecore disposte per classi a inchinarsi davanti al dio che ha rivelato il suo riposo e la sua morte"; o, in trascrizione greca: "Il protettore del gregge lo ha messo in strada verso il monumento funebre elevato al divino Kourès, morto".

Il sigillo del nostro re dice più lungamente: "Il successore e l'adoratore supremo del grande dio del cielo, Curète, capo del tempo della vita, profeta supremo delle grandi parole che arrivano fino agli dèi, che sapeva fare le grandi parole che loro comandano.  Il capo dei profeti del grande dio del cielo avvolto nella grande caverna, gli ha fatto elevare una grande statua che lo rappresenta in posizione di riposo, posto sul fondo, vivente con una capigliatura lunga che si era astenuto dal rasare nel luogo del suo riposo, Epiménide, grande dio del cielo, vivente".

La 10ª regina della prima dinastìa ha un nome che si legge: "La regina della nazione di colui che è divinizzato ha messo in movimento, al tempio che porta nella sua parte interna la grande tomba del grande tra i grandi celesti, le miriadi di seguaci della nazione per fare un sacrificio di molte pecore".


Il regno dell' undicesimo re della prima dinastìa sembra non essere stato contrassegnato da nessun avvenimento importante. Infatti il suo nome si legge: "Il re venuto dal capo supremo che ha ingannato la morte, che è vissuto immobile e che è morto all'epoca di cui sapeva la venuta"; ricordo banale di Epiménide.

Ma egli ha un sigillo che è ben più eloquente e dice: "Il grande capo venuto dal re che si riposa nella dimora dei molti re, dèi; il re di un'eminente casa che ha fatto una moltitudine uguale ai grani di sabbia di vele per navi senza pari; il capo di una casa di re chiamati celebri; il re che comanda alle più grandi armate che siano andate sulle onde. Per fare del suo rampollo un re perfetto della sua casa, il re ha immerso spontaneamente nel mare il figlio che ha destinato ad essere capo e che aveva paura dell'acqua. Egli ha fatto tre sacrifici: il re ha dedicato un tempio al divino che si è riposato a lungo nella regione inferiore; il re ha dedicato un tempio a quello che ha emesso delle case di dèi numerosi; il re ha dedicato un tempio a quella che ha emesso il primo fondatore della sua casa. Il capo ha così prodotto tre templi nel corso della sua vita; egli ne ha fatto uno per il re supremo iniziale; ne ha fatto uno per quello che ha fatto la sua casa, il figlio dell'eminente dea iniziale; egli ha fatto anche un tempio per quello che ha conservato a lungo una vita contenuta nella regione inferiore, avendo regolato il suo riposo; in precedenza il re aveva fatto la figura di un grande uomo, Mènes, che ha posseduto il potere supremo e ha prodotto dei re che sono i signori del mare".

Ritroviamo qui l'origine della favola greca di Tethis, madre di Achille, che afferrò suo figlio per il tallone e lo tuffò nello Stige per renderlo invulnerabile. Il legame è tanto più marcato in quanto il nostro re si chiama Thê Thoi (che si avvicina a Tethis) e che suo figlio ha per nome in greco Iekhaouillis, parola molto vicina a Akhille, che si comprende: "Quello che si rannicchia di fronte al rumore del mare".

La tavoletta delle regine non ci rivela il nome della moglie del nostro re e sarà lo stesso per le 27 mogli sovrane successive.

Ci manca anche il nome del gran sacerdote dell'epoca, ma la sua funzione si traduce: "Quello che fa girare al suono delle trombe marine e che si avanza al centro di una truppa di giovani che va ad uccidere colpendoli all'interno della caverna". É la confessione che il ruolo principale del gran sacerdote consisteva nell'immolazione delle vittime umane, mentre il rumore delle trombe marine soffocava le loro grida.


Il nome del dodicesimo re della prima dinastìa, salito al trono nel 1930 e che morì verso il 1914, significa: "Il rampollo regolare del potente e glorioso interprete delle parole, Epimènide, per dirigere i pescatori verso il porto, ha posto al Capo un grande bagliore avanzato ed elevato che appare tra l'agitazione delle onde sollevate".

Abbiamo qui una spiegazione della leggenda del delfino, amico dell'uomo, che conduce al porto i naufragati; questo delfino, è il nostro re Telphan. Il Capo indicato nell'iscrizione dev'essere quello di Phaneromani, situato all'entrata del golfo di Mirabella e al fondo del quale si trovava la città di Minos, giacché questo nome si scompone in Phaneros, che si può vedere, e Mania, umore nero: "Che si può vedere nell'acqua nera".

É dunque al nostro re che bisognerebbe far risalire la costruzione del primo faro cretese. Ne consegue che la torre a fuoco di Phaneromani è posteriore al faro di Rhacotis o Alessandria, edificato da Seth, figlio di Misraïm, nel 2184 a.C., contrariamente all'opinione generale che farebbe dei Cretesi gli iniziatori degli Egiziani in materia portuaria.

Il sigillo del re ha tre facce; una di esse si traduce: "Il re veramente benevolo, desideroso di allontanare dai pescatori i sinistri che si accrescono, ha fatto un editto per pressare fortemente la moltitudine dei lavoratori affinché siano zelanti per costruire il fuoco di mare elevato sul posto in vista dei denti di roccia verso i quali le navi, avanzandosi prive di rotta, sono proiettate dalle tempeste nella curvatura della baia e sono fatte a pezzi dall'ostacolo".

Questo testo corrisponde a quanto abbiamo appena detto. Il faro di Phaneromani, a giudicare dal numero di lavoratori adibiti e dal tempo impiegato (poiché il nostro re non ne vedrà la fine), doveva essere un edificio considervole.

Un'altra faccia del sigillo ha per traduzione: "Il re della vera branca del celeste capo genealogico, il potente fondatore di Cnosso, di cui ha celebrato la cessazione di funzione con una solennità, quello il cui seno vigoroso ha prodotto numerosi e grandi rampolli".

Questo testo mostra l'esattezza della cronologia, poiché Kenkenès aveva lasciato la Creta nel 2114 per andare regnare in Egitto. Sulla terza faccia leggiamo: "La grandezza della produzione eccede la fienaia e riempie gli stomaci; il re della nazione ha messo in movimento gli uomini adulti per prosternarsi davanti ai grandi dèi che fanno sovrabbondare l'acqua e fanno sì che i frantòi portino un surplus di grappoli".


Ma la costruzione di un faro è un lavoro importante, e il 12° re morì prima di averlo finito. Fu il 13° re a terminarlo. Il suo nome infatti significa: "Il rampollo regolare del potente e glorioso interprete delle parole, Epiménide, ha inaugurato la grande luce avanzata ed elevata che appare ai circostanti tra l'agitazione dei flutti sollevati".

Come il precedente, questo re ha un sigillo a tre facce da cui rileviamo i testi seguenti: "Contro la rottura delle navi che si gettano sui denti delle rocce avanzando prive di rotta nell'oscurità, è stato piazzato un fuoco potente all'estremità da cui arrivano le navi".

"A causa dei naufragi accaduti successivamente alla punta di terra la cui forma è simile a un cerchio, è stato utile, per dirigere regolarmente i pescatori nell'oscurità, mettere un fuoco potente all'estremita dove arrivano le navi".

Anche la terza faccia del sigillo menziona la costruzione del faro, ma fornisce un dettaglio di un ordine tutto diverso; dice: "Il re amato che ha allungato con un ferro la parte superiore della lancia che non ne aveva e ne ha fatto la cosa propria dell'armata nazionale; che, per dirigere utilmente la navigazione nell'oscurità profonda, ha posto una lampada dal fuoco potente all'estremità dove arrivano le navi".

D'altra parte, il gran sacerdote del tempo si vanta di essere "quello che cammina facilmente nell'oscurità per andare a incensare quella che ha partorito il Minotauro". Questo testo indica che il culto di Mounikhia, madre del Minotauro, si praticava in fondo alla grotta oscura del Labirinto.


Il nome del 14° re della prima dinastìa è incompleto nella tavola genealogica; i segni che possediamo si traducono: "Il rampollo regolare del potente e glorioso interprete delle parole, Epiménide, ha fatto, di fronte alla sua sepoltura, una statua bella, grande, somigliante, dove è disteso dormiente, per portarvi le sue lamentazioni".

Il nome reale ha un altro senso allegorico che è: "Il capo supremo, che è buono, per estendere la potenza delle armi della corona, nella sua benevolenza ha donato alle truppe dei guerrieri delle corazze metalliche per salvarli dalle ferite al torace e al ventre, ed ha eccitato gli operai a confezionarle".

Così, è a partire dal regno del nostro re che i soldati cretesi hanno cominciato ad essere rivestiti di una corazza che farà chiamare i re di Creta, nelle Argonautiche di Orfeo, dei giganti di bronzo. Queste corazze, dai disegni che possediamo, dovevano avere un fondo di cuoio sul quale erano cucite o inchiodate delle lame metalliche in bande orizzontali.  É questo armamento difensivo che copriva i guerrieri dei Popoli del mare che invasero l'Egitto a più riprese, giacché la pratica cretese si sparse anche fuori. Più tardi, la corazza dei pesanti fantaccini greci, gli oplìti, se ne ispirerà.

Ecco un'altra trascrizione del nome reale: "Quello che ha scoperto ricchezze molto grandi, la cui moltitudine di navi mercantili si dirige verso le estremità, le cui navi a vela si spargono liberamente nelle regioni in cui dimorano gli Achèi dove i suoi battelli commerciali portano l'abbondanza".

E ancora: "L'umido è la sua dimora. Solo le navi cariche di Epiménide vi si inoltrano, slanciandosi in avanti in qualsiasi luogo come nel loro dominio privato".

Sappiamo da ciò che, all'epoca, Creta aveva l'egemonia in Mediterraneo e che le sue navi ne avevano come il monopolio del commercio perché nessuna marina era in grado di misurarsi con la sua. Tutto ciò è confermato dalla lettura del sigillo reale. Inoltre, la seconda faccia del sigillo fornisce una precisazione interessante: "Il re, vero figlio del dirigente della cultura delle terre grasse, Eimiyios; che ha diretto la moltitudine degli adoratori a prosternarsi all'anniversario di quello che ha mostrato l'èrpice per battere il grano; l'adoratore supremo che custodisce le parole e i benefici del dio celebre che è stato il primo signore dell'aratro".

Già avevamo visto che il primo re della Iª dinastìa aveva introdotto in Creta l'aràtro inventato in Egitto; il re che celebrò il secondo centenario della sua morte ci dice, inoltre, che egli fece adottare l'impiego di un èrpice per battere il grano, èrpice che era forse più semplice della slitta in uso in Mesopotamia, e che organizzò l'agricoltura cretese.


Il 15° re della prima dinastìa si traduce: "Il capo che ha trascinato la moltitudine delle pecore disposte per classi verso gli dèi eccellenti che fanno piovere sui campi per fare le mietiture sempre più grandi; quello che, per dirigere nel porto i battelli dei pescatori, ha fatto una luce; il figlio dei re divini grandi tra i grandi".

Sotto la sua apparente euforia, questa formula lascia intuire una certa disperazione; non è per niente che il re ha trascinato la moltitudine verso gli dèi che fanno piovere. Il suo regno si è esteso probabilmente dal 1880 al 1864. Ma dal 1876 al 1870 vi fu un'epoca di siccità che la Bibbia annota dicendo che la carestia era grande sulla terra e che Abramo passò in Egitto per trovarvi nutrimento. In seguito i raccolti ridivennero normali.

Il nome reale si traduce ancora: "Colui che veglia con sollecitudine per nutrire abbondantemente, le cui semine rendono grassi covoni per Dèmèter; quello cha ha fatto vedere a Rhithymnos la via di casa al centro delle scarpate". Il re avrebbe dunque costruito un faro a Rhithymnos.

Un altro sigillo indica che la carestia è finita perché il re ha sacrificato delle vittime umane: "Egli ha ordinato al gregge di adorare l'immagine di quello che supera gli dèi più grandi nell'apporto di un nutrimento abbondante; suo malgrado, egli ha fatto morire giovani dei due sessi come Kourès, la guida della nazione nelle sue vie; il re glorioso che ha inviato grandemente un'irrigazione superiore riempendo di bevanda e di nutrimento".

Un terzo sigillo è particolarmente interessante per gli aspetti morali sotto i quali presenta il re: "Il miglior giudice per decidere nelle contestazioni; il re che dice certamente la verità alla nazione: la bocca che ha detto agli avversari ciò che è il diritto. Il capo potente contro i malvagi che si introducono perfidamente, che è gradito dagli uomini come giudice integro nelle sue funzioni, che rigetta l'ingiustizia e l'infamia, che è opposto a ciò che è detestabile, che riduce al silenzio le bocche rovinose della reputazione delle famiglie, che confonde quelli che èccitano all'omicidio, gli spogliatori degli dèi eminenti, i crudeli che mettono nella miseria quelli a cui prescrivono del lavoro, i ladri del nutrimento dei bambini".

Ecco la manifestazione di una concezione piuttosto alta del bene e del male e di un vero senso sociale. Il re è qui considerato nella sua funzione di giudice supremo della nazione.

Crombette pensa che dopo la sua morte e la sua divinizzazione gli fu attribuita una funzione elevata. Infatti, la mitologia ha fatto di un re di Creta chiamato Minosse, per la saggezza delle sue leggi, il giudice dei morti con Radamante, suo fratello, detto figlio di Giove, e Éaco, ugualmente figlio di Zeus.

Ecco ciò che dice una trascrizione del nome del nostro re: "Il primo signore tra i tre simili che hanno ottenuto il potere di giudice su ogni vivente che arriva nell'al di là con Éaco, che viene dopo, e Radamante". L' origine della tradizione mitologica è confermata.

Ma i sigilli del nostro re hanno ancora ben altro da dirci.  La terza faccia di quello che studiamo si traduce: "Il capo che distribuisce la giustizia similmente agli eccellenti grandi dèi, che conferma i grandi costumi e consolida le costituzioni, che misura agli uomini la proporzione che spetta loro: agli uomini infermi ciò che basta alla loro sussistenza, una grossa parte a quelli che hanno un'occupazione, estrema ai malati, due porzioni al di sopra della moltitudine disposta per classi ai guerrieri dei carri, ai sacerdoti, perchè facciano grandi mietiture, alle nutrici che danno da bere ai neonati il latte del loro seno".

Ed anche: "Per dirigere in una maniera prudente, tra le rocce nascoste che ostruiscono l'uscita del mare, le numerose navi a vela che vengono nel golfo, il re, uomo che prova il suo affetto per la nazione, ha fatto mettere nel passo delle file di alberi fissati nelle pietre con dei fasci in cima, per condurle attraverso l'acqua per la piccola apertura così mostrata". Il nostro re è dunque l'inventore delle boe segnaletiche che erano in legno prima di essere in ferro e muratura come adesso.

Infine il nome del padre del nostro re si traduce: "Il generatore che ha riunito presso di sè i suoi figli al momento di proclamare l'anniversario della bilancia ed ha loro raccomandato di estendere la loro previdenza sul gregge e di essere giusti nei loro giudizi come lo strumento a piatti curvi".


Vi fu una siccità eccezionale sotto il 16° re della prima dinastìa, che regnò probabilmente dal 1864 al 18473, come testimonia la lettura del suo nome: "Il capo che ha trascinato la moltitudine delle pecore disposte per classi alla caverna in cui Kourès, che invia le tempeste, si è riposato per circa la metà di 100 anni". É anche un grido di disperazione: "Kourès, tu che hai vissuto senza respirare, fa' piovere su quelli che ti venerano affinché siano salvi !".

In effetti, vi fu allora un periodo di siccità eccezionalmente lungo, di quelli che si producono ogni 1200 anni circa. La carestìa si prolungò anche sotto il regno del suo successore.

La preoccupazione del re riappare nel suo sigillo in cui è detto: "Il re amato che ha imposto delle ordinanze per salvare le moltitudini dalla rovina. Il capo degli adoratori delle immagini degli dèi ha diretto con una cura vigilante gli adoratori verso il compimento di un sacrificio ai templi degli dèi affinchè essi producano l'inondazione contro la distruzione del gregge".

Senza dubbio il grande mezzo impiegato dal re fu quello dei sacrifici umani, giacché il sacerdote dell'epoca si dice, dal canto suo: "Il sacerdote che ha fatto un sacrificio all'antico Seth per produrre delle messi abbondanti".

Il sigillo del re porta anche le menzioni seguenti di tutt'altro ordine di idee: "Senza direzione nell'oscurità, i vascelli erano inclini a perdersi; è stata prescritta l'operazione di aggiungere una luce sopra il palo. Il capo della condotta delle acque, il maestro supremo delle navi, per condurle certamente al porto, ha fatto issare un fuoco sul palo più alto".

Il nostro re sarebbe dunque l'inventore della grossa lanterna in uso sulle navi e che si chiama fanale di posizione.


Sotto il regno del 17° re della prima dinastìa, ossia dal 1847 al 1831, la siccità continò. Infatti il nome reale si traduce: "Il rampollo regolare del potente e glorioso interprete delle parole, Epiménide, ha trascinato la moltitudine disposta per classi a una cerimonia religiosa per pregarlo di dare libero corso alle acque legate da molto tempo, giacché il nutrimento manca ai suoi adoratori".

I sigilli del re sono sullo stesso tono di allarme; uno dice: "Il seguace e il rampollo dei sapienti superiori, Baltè e Epiménide, ha fatto un sacrificio a questi dèi del cielo per produrre un'acqua abbondante; il capo degli adoratori, a questo fine, ha imposto l'ordinanza di riunirsi per fare un sacrificio agli dèi potenti perché essi facciano venire il nutrimento con delle messi regolari".

Un altro sigillo è un vero grido di disperazione: "Il buon dirigente, per distruggere la sventura, ti domanda, Epiménide, di allontanarlo dal gregge abbattuto e che è alla morte. Temendo questa estremità, egli reclama la tua protezione contro la distruzione della razza; nella tua potenza, metti fine alla siccità che fa soffrire il tuo popolo fedele; verso la tua immagine, il gregge tende le mani; sii attento alla voce degli adoratori venuti a fare un sacrificio alla tua immagine; verso il cielo, essi inviano delle preghiere pressanti; dio buono, invia una grande acqua alla terra di quelli che gemono".


Il 18° re della prima dinastìa giunse al potere nel 1831 e occupò il trono fino al 1813. Il suo nome rivela un cambiamento della situazione alimentare del paese, e si traduce: "Il re della nazione, per far cessare le lamentazioni, ha inviato alle regioni dove ciò era utile delle ceste abbondanti tratte dalle regioni inferiori agricole; avendo pietà della moltitudine, egli ha prescritto di darle ogni sorta di cose buone per saziare il suo ventre".

Il suo nome trascritto col greco dice: "Delle vivande delicatamente preparate sono state portate verso gli sfortunati che hanno attraversato un periodo notevolmente lungo senz'acqua; saziati, essi mettono in movimento dei cori di danza".

Il sigillo del re è a tre facce; sulla prima dice: "La rovina dei raccolti e la sete sono rigettate; le ceste, le cantine, i frantoi, i granai dove si conserva il grano sono pieni; a due regni in cui tutti erano senza nutrimento, ne è seguito uno in cui i ventri sono saziati". Sulla seconda faccia leggiamo: "Il vero re che, per prodigarci una vita grassa e respingere veramente il danno della siccità, ha celebrato una solennità nell'anniversario della messa in sonno di Epiménide, il capo amato, fertilizzatore dei campi col sangue, dotto in tutte le cose, che riposa nella cavità interna".

Sulla terza faccia troviamo: "Il sacerdote dell'immagine del dormiente a cui ha fatto un sacrificio, esercita la sua funzione per celebrare la solennità del suo riposo".

Ma il sigillo ha anche la traduzione sussidiaria seguente: "Le sue armate sono temute dai Libici che esse hanno domato in uno spazio che arriva fino ai monti e respinto fino al deserto".


Il 19° re ha nel suo geroglifico un grano d'orzo germinato, il che si dice Belbine Eiôt Thèni; grecizzate, queste parole si traducono: "Mettere dell'orzo che si è fatto fermentare con del miele dà della birra, bevanda alcolica". É perché la birra è stata inventata a Creta che dei re minoici hanno messo nel loro sigillo il geroglifico dell'orzo germinato, Bynè. Ora, Bynè, dice la leggenda, è la figlia di Cadmo e Harmonia. Il nome di Cadmo può comprendersi in cretese: "Far sentire ciò che è degno di essere cantato". Così si comprende meglio perché la moglie di Cadmo si sia chiamata Harmonia, armonìa dei canti; e ancora: "Quello da cui discendono le Muse".

Il nome reale intero ha per lettura: "Le figlie del capo dell'isola che sta in ciò che scorre, hanno messo insieme in attesa dei grani d'orzo germinato e dei pezzi di ciò che contiene di buono il favo". E ancora: "Le giovani figlie di Telamòne, divinamente ispirate, hanno messo dell'orzo che avevano fatto fermentare con del miele, il che ha dato la birra, bevanda alcoolica che inebria".

Ma anche: "Telamone, così come la sua grande sposa, ha concepito di mettere una moltitudine di strumenti da musica in perfetto accordo, e questi strumenti con delle truppe di cantanti uomini e donne dalle voci melodiose". Il nostro re e sua moglie sarebbero dunque stati gli organizzatori delle orchestre con coro; da qui i loro nomi.


Creta aveva dunque ritrovato la sua prosperità: si dava alle arti, aveva vinto i suoi nemici del sud e del nord. Il 20° re, che regnò a partire dal 1797, se ne gloria: "Colui che ha la fierezza di essere il padrone del mare; che entra nei porti che sono all'intorno e se ne esce quando vuole; il vero re del cerchio universale; il signore supremo che è venuto al vertice della regalità".

Questo grido d'orgoglio del sovrano che si credeva arrivato al colmo della potenza fu il suo canto del cigno. Da quell'altezza la testa gli girò, perse il senso della realtà e la sua caduta fu brutale e totale. Ecco come: suo nonno, il 18° re, aveva voluto costruire un tempio come testimonia una lettura del suo nome: "Il re della nazione rinomata, che ha apportato il prezzo dei combattimenti e l'abbondanza del nutrimento, ha voluto costruire un tempio al dio che ha creato l'ascia a due parti taglienti ed ha fatto avvicinare un glorioso architetto". La fine del nome reale rivela chi è questo glorioso architetto: Dedalo, lo scultore cariano.

È dunque il 18° che fece costruire a Dedalo il celebre Labirinto cretese, il tempio della doppia ascia, che fu terminato soltanto sotto il regno del 20°. Il faraone Pastore di Tanis, che era allora il capo sovrano dell'Egitto, ne sentì parlare, il che gli fece venire la voglia di avere anche lui in Egitto un Labirinto che voleva colossale. Dedalo era ormai troppo anziano per proseguirne a lungo la costruzione, ma aveva un figlio e allievo, Icaro, e l'allievo era ancor più bravo del maestro; sarà lui che andrà in Egitto. Il faraone Salitis lo fece richiedere al re di Creta, ma questi, fiero del suo Labirinto e non volendo che un altro paese potesse gloriarsi di averne uno più grande, rispose con un rifiuto. Non contento di questa decisione arbitraria che tra l'altro privava Icaro di una situazione e di una reputazione eccezionalmente belle, imprigionò contro ogni diritto Dedalo ed Icaro, quegli stranieri che erano andati a lavorare a Creta per un determinato lavoro, e li rinchiuse tutti nella grotta naturale e complicata del monte Ioukta, di cui solo lui e il gran sacerdote conoscevano il segreto, e, per maggior sicurezza, ne fece tappare e mascherare l'entrata.

Salitis non si lasciò abbattere. Invase la Creta come rivelano altre due letture del nome del re: "Tutta una moltitudine è venuta dal mare per far risalire con un canestro e mettere in libertà, praticando un'apertura, Icaro, rinchiuso come ostaggio sotto la stessa chiave con l'autore dei sui giorni". E ancora: "Telamone, che teneva incatenato il sapiente giovane, rampollo del grande costruttore, è stato appeso: il capo del gregge l'ha punito con la morte".

Il resoconto della campagna di Salitis si trova nel disco di Festo che F.Crombette ha tradotto. Creta perse allora la sua indipendenza e divenne vassalla dell'Egitto.


Ma il figlio di Arakhnè, il 21° re, diventò il grande ammiraglio della flotta egiziana e cretese unite e il capo degli eserciti di carri da guerra dei due paesi. Questo nuovo stato di cose segna una svolta nella storia di Creta e traccia la strada che seguirà durante quasi 860 anni a fianco dell' Egitto, salvo un intervallo di una ventina d'anni.


Il figlio di Araknè salì dunque al trono nel 1784 e lo occupò fino al 1763. Il suo nome significa: "Quello che porta lo scettro in doppio col benevolo estremamente elevato che fa prosperare la navigazione; il re amato, che ha ottenuto il potere sulla moltitudine delle truppe armate delle navi". Questo conferma pienamente quanto abbiamo già detto.

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Il suo nome è Phaistos che vuol dire"Quello che riceve la sua corona dai Pastori"; o anche "Testa coronata". È lui che fondò la città che porta il suo nome e che divenne la capitale in sostituzione di Knosso che era stata bruciata. È lui che stampò il famoso disco di cui Crombette ha dato la traduzione.

Del resto, il suo nome lo conferma, dato che significa: "Egli ha capito che con dei caratteri ripetuti in incisione si portava rapidamente a termine la scrittura, oltre ad essere evidente di conseguenza che si potevano fare simili applicazioni con dell'inchiostro".

Phaistos è dunque il vero inventore della stampa, 24 secoli prima dei cinesi e 32 prima di Gutenberg. Perché ha inventato il disco? Non certo per il piacere di ricordare la disfatta di suo padre. Tutto il gioco della ragnatela è magico; il suo scopo è la restituzione completa di Creta ai suoi primi capi, è un incantesimo contro i Pastori, ed è l'antenato del gioco dell'oca.


Il nome del 22° re si legge: "Il rampollo regolare del potente e glorioso interprete delle parole, Epiménide, ha riunito in questo tempo gli adoratori per dedicarsi a ricompensare i servizi pubblici di quello che ha innalzato alla doppia ascia il più grande tra i templi. Baïon, ben visto dai celesti, è venuto alla tomba celebre del grande costruttore Icaro, purificato".

Così il re avrebbe alzato un tempio a Icaro, bruciato da Amménémès per aver avuto relazioni con sua moglie. Ma si può trovare nel nome un senso esoterico contro i re Pastori: "Verrà un capo alla maniera di Epiménide, che romperà i legami. Il tempo del risveglio seguirà presto il tempo del sonno. Epiménide verrà ad allontanare questi avversari che sono riusciti, modellandosi sui ladri, con una corda e un foro, a far uscire Icaro dalla collina."

Questa traduzione giustifica la parola greca Krétizo che significa: furbo come un cretese.

Il sigillo del re è a tre facce che si trascrivono: "Il re amato dai grandi celesti ha costruito una grande tomba per il grande costruttore Icaro che ha disegnato il Labirinto".

"Il vero re che ha riunito il gregge per venire al cumulo dove dorme del sonno dei celesti Icaro che ha disegnato il Labirinto".

"Il vero re della dimora antica, che ha condotto il grande ramo di palma nella parte interna del tempio nel quale erano stati messi, incatenati, i due costruttori di monumenti tra cui l'uomo che ha subìto il supplizio del fuoco per essere andato fino ad avvicinare la mano della sposa del re".


I re 23°, 24° e 25° non si segnalano con nulla di particolare. Attendono la loro liberazione dal giogo dei re Pastori.


Il 26° conobbe la penuria, ma il 27° attribuisce ai sacrifici umani fatti al Minotauro la fine della siccità. Il suo nome si legge infatti: "Il Minotauro ha saziato con grande abbondanza i suoi seguaci che desideravano ardentemente la pioggia". Questa dichiarazione è confermata dai sigilli.


Il 28° re significa: "Quello che possiede il potere su Cnosso sotto i due che comandano di preparare delle ceste piene".

Questi due che comandano da sovrani su Creta, sono il grande imperatore hyksôs Apophis il Grande e il suo alter-ego, Giuseppe, figlio di Giacobbe, che hanno comandato di preparare il periodo di penuria durante il periodo di abbondanza delle mucche grasse. Il nostro re ha iniziato a regnare a partire dal 1663. È dunque arrivato al potere contemporaneamente a Giuseppe che fu scelto da Apophis nel 1664.

Questo re ricostruisce Cnosso poiché il suo nome dice: "Quello che possiede il potere su Cnosso, avendogli Heth permesso di edificarne una nuova al posto dell'altra messa a terra". Heth designa qui i Pastori che erano in parte di ascendenza ittita come ha dimostrato Crombette nella sua opera egittologica.

Ma il re pagò con la sua vita il completamento di Cnosso. Fu lui a fare del gioco del ragno il gioco dell'oca, poichè il nome dell'oca è quello di Cnosso. E in effetti il suo nome ce lo rivela: "Il ragno è divenuto un'oca; la tavola da gioco incisa è divenuta senza parti umilianti".

Il suo sigillo ci dice come morì: "Quello che possiede il potere si inclinerà verso la tomba dopo un tempo fissato dal suo oroscopo facendo la guerra; l'uomo dell'avvenire sà come egli avrà fine: le sue navi, abbassate profondamente da una moltitudine di sacchi, saranno senza forza contro i pirati che fanno irruzione".

Durante gli anni di carestìa, i popoli stranieri, mancando di grano, venivano ad approvvigionarsi in Egitto dove Giuseppe ne aveva costituito delle riserve. I Cretesi fecero come gli altri, e inviarono a più riprese delle navi a cercare viveri nei porti egiziani; il re dirigeva i convogli senza dubbio per negoziare degli acquisti importanti. Ma aveva probabilmente omesso di munire i suoi battelli da trasporto di una scorta di navi da guerra, giacché, nel corso di uno dei suoi viaggi, dei pirati, anch'essi affamati ma che trovavano più opportuno rubare il grano che comperarlo, attaccarono i battelli dei Cretesi il cui re fu ucciso nella lotta.

Troviamo nel sigillo del re un'altra conferma della Bibbia. Infatti si presta anche alla traduzione seguente: "I saggi d'Egitto, interrogati dal capo per interpretare i suoi sogni, sono rimasti senza parole; il pastore, venuto, ha compreso i presagi ed è stato fatto il superiore; il capo ha dichiarato che la moltitudine si abbasserà davanti a lui quando muoverà la bocca per ordinare o vietare".

É la perfetta conferma di ciò che dice la Bibbia: "Il faraone disse dunque a Giuseppe: Poiché Dio ti ha fatto vedere tutto ciò che ci hai detto, dove potrò trovare qualcuno più saggio di te o simile a te?  Sarai tu che avrai l'autorità sulla mia casa; quando aprirai la bocca per comandare, tutto il popolo ti obbedirà...  Io sono il faraone; nessuno muoverà il piede o la mano in tutto l'Egitto che per tuo ordine"

Scopriremo nel sigillo reale una conferma di ciò che Crombette ha scoperto su Giuseppe nella sua opera egittologica: "Quello che scopre le cose segrete ha tratto fuori da un buco con la trazione di buoi una grande acqua a un'estrema profondità in uno spazio di tempo accorciato". Questi - il re - " ha rinnovato la sua potenza in una proporzione doppia nello stesso termine".

Quello che scopre le cose segrete, è Giuseppe. Il buco dal quale ha tratto una grande acqua da un'estrema profondità è il pozzo di 88 metri che egli fece scavare a Memphis e che esiste ancora nella cittadella del Cairo. É per estrarre quest'acqua che Giuseppe inventò il sâqiyèh, la grande ruota mossa da buoi e azionante un rosario di ciotole che cadono successivamente nell'acqua e la riportano in superficie e che noi oggi chiamiamo noria. Ora, il nostro re di Creta si vanta di aver perfezionato la noria di Giuseppe raddoppiandone l'attacco. Queste norie erano state previste per i tempi di siccità. Da notare che implicavano l'invenzione di un ingranaggio ad angolo retto. Questo è confermato da una lettura del nome dato a Giuseppe dal faraone: "Ciò che è intagliato da denti all'intorno ha per fine di trascinare una ruota simile".

Sulla seconda faccia si può leggere: "Era faticoso attingere con una corda sospesa; un paio di vacche attaccate a due braccia tirano pescando e spandendo nello stesso spazio di tempo, certamente dieci volte più di prima ben contate. Di nuovo due vacche vicino alle altre spandono una quantità estremamente grande".

La terza faccia ha per lettura: "L'uomo che possiede il potere di respingere il malocchio da questo luogo, per allontanare la miseria e la rovina causate dalla siccità e dalla mancanza di frumento finchè la terra sia inondata di nuovo, ha fatto scavare dei lunghi canali e forare dei pozzi profondi; uno scolamento rapido e abbondante è operato da delle ruote che fanno girare due bracci ai quali sono attaccati dei buoi; il capo supremo di Cnosso ha elevato considerevolmente il loro rendimento aggiungendone due vicini".

Sulla quarta faccia si legge: "Il figlio primogenito di un padre dal regno glorioso ha organizzato delle perforazioni; egli ha compreso che quattro anelli associati aventi per scopo di essere tirati da buoi in numero uguale attingerebbero un'acqua estremamente grande, pari al lavoro di una moltitudine di cesti precedentemente tirati su a braccia; con questo mezzo, egli ha fatto che la potenza della ruota fosse raddoppiata. Associato al sapiente supremo, egli ha elevato il rendimento della ruota in maniera considerevole con l'aggiunta di due buoi oltre agli altri".


Il 29° re della prima dinastìa si legge: "Il sacerdote dell'antico Seth, che produce i raccolti, che, per primo, navigando ha scoperto il paese". In effetti, fu una flotta comandata da Seth che scoprì Creta. Divinizzato, Seth era invocato contro la siccità che si credeva potesse produrre. Era il dio preferito dei Pastori. Un re di Creta che desiderava adulare i Pastori poteva dunque dirsi il sacerdote di Seth che essi adoravano.

Questo re fu avvelenato conseguentemente a una rivalità tra sua moglie legittima e la sua concubina, come mostra un'altra lettura del suo nome: "Dalla contesa tra la concubina e la grande moglie perché il loro figlio sia superiore, è venuta la morte del re potente".


Il 30° re è salito sul trono al momento dei funerali di Apophis il Grande nel 1647. Ce lo prova la lettura del suo nome: "Il re della nazione, nato dai re divini, l'ammiraglio, avendo messo nella terra il vecchio re, è arrivato giusto al momento in cui il signore supremo, grandemente amato dalle moltitudini e che estendeva la sua mano sulle pecore per riunurle, era deposto con cura nella fossa".


Il 31° re della prima dinastìa parla di un'altra grande morte, quella di Giacobbe. Il suo nome si traduce: "Avendo Giuseppe imbalsamato suo padre morto, il re ha avuto compassione del suo dolore e gli ha fatto onore. La grande spalla (=la grande potenza) del saggio ha separato le acque agitate del fiume, e l'assemblea del dirigente delle pecore (Giacobbe) è andato a deporlo con cura nella sua tomba".

Così il re di Creta ha fatto parte del corteo dei re e dei grandi che accompagnavano il figlio di Giacobbe ai funerali di suo padre, il che mostra (dettaglio che non ci rivela la Bibbia) che il potere dell'onnipotente visir si estendeva anche fuori dall'Egitto. Questo re di Creta, così come vari faraoni d'Egitto che assistevano alla stessa cerimonia, dichiara, anche lui, che al passaggio del fiume (l'ouady El-Arish) le acque impetuose si sono aperte per la potenza del profeta (egli dice: la sua spalla, secondo un'espressione ben orientale).

É questa descrizione dei funerali di Giacobbe, non presente nelle traduzioni abituali della Bibbia, che indusse Crombette a leggere il passaggio corrispondente della Genesi come se fosse stato scritto in copto antico. Ecco ciò che ottenne: "E mentre che, in religioso rispetto, Giuseppe avanzava sotto il peso del dolore verso Canaan in vista di far giungere il lutto a Heth, le acque, portate al punto culminante, si drizzarono contro il corteo in marcia. Ma, su una vera grande parola di quello che aveva la direzione del lutto, le onde potentemente agitate cessarono di scorrere, tornarono indietro, si placarono e tacquero, e la turba notevole oltrepassò l'acqua del torrente che fa il limite dell'eredità dei figli generati da Rè e si inclinò davanti a Colui che É sostanzialmente e che l'ebreo di Eliopoli teme".

Il miracolo operato da Giuseppe, l'Ebreo di Eliopoli, è confermato dalla lettura greca del nome del 31° re e da una dichiarazione del gran-sacerdote dell'epoca: "Lanciando grandi grida di dolore, essi andavano attraverso il paese tutti insieme col profeta. Giuseppe è entrato nel fiume che si spandeva in onde muggenti. La terra si è ammonticchiata per colmarlo su un suo comando, e si è andati passo passo attraverso". Ed anche: "Il re della nazione, che si era spostato, è stato testimone del fatto che le onde, superiormente ingrossate, sono state dominate al passaggio del corteo del padre del grande profeta".

Come testimonia una lettura esoterica del suo nome, questo re regnò per una durata uguale al sonno di Epiménide, cioè 57 anni e morì lo stesso anno di Giuseppe. Il suo sigillo è interessante poiché sulla sua prima faccia dice: "La moltitudine riunita perché sia inviato lontano il padre morto del buonissimo conduttore Giuseppe, sacerdote dell'Eterno, ha visto le onde agitate tornare indietro, e al ritorno fare lo stesso, per l'effetto delle parole dall'azione efficace proferite dal capo la cui scrittura potente annulla il male lanciato".

Abbiamo qui due allusioni importanti, l'una alla firma di Giuseppe, di cui Crombette parla nel suo libro dei nomi dei re d'Egitto, l'altra al miracolo operato di ritorno da Chanaan della processione funerea, come aveva supposto il nostro studioso nei suoi studi egittologici. Questo è confermato da una lettura col copto del passaggio corrispondente della Genesi ("E Giuseppe tornò in Egitto con i suoi fratelli e tutto il suo seguito dopo aver sepolto suo padre") che dà: "Inoltre, spostandosi Giuseppe e la sua nazione in senso contrario, i flutti erano ugualmente fortemente agitati; il grande uomo impose all'acqua di andare in disparte, e fece tornare la grande moltitudine del lutto che si prosternò davanti al Dio potente che fa sì che l'acqua scorra e cessi di scorrere".

Una seconda faccia del sigillo porta il testo seguente: "Il re ha affidato a suo figlio l'anello di capo, essendosi Creta aggiunta ad Avaris contro gli insorti per arrivare ad avere il sopravvento; il loro capo è stato ucciso e la regione che era stata in ebollizione è ritornata alla normalità". Questa faccia del sigillo si rapporta dunque alla rivolta del faraone tebano che gli egittologi chiamano Sekenenré e che, vassallo di Avaris, avendo cercato nel 1950 di rendersi indipendente, fu ucciso nella battaglia. Suo figlio ottenne più tardi, nel 1579, vittoria sui Pastori e detronizzò il 31° re il cui padre aveva combattuto contro suo padre.

Sulla terza faccia si legge: "Quello che ha posseduto lo scettro per un tempo uguale al sonno di Epimènide, e similmente il saggio dirigente, hanno declinato. Appartiene a quelli che restano di venire a far loro un sacrificio e di pregarli di portare alle due regioni una sollecitudine pari a quella di prima per preservarle dai grandi mali che sono in marcia".


 Appena salì al potere, il 32° re della prima dinastìa ebbe ad assistere ai funerali di Giuseppe. Per questo il suo nome si traduce: "Il rampollo regolare del potente e glorioso interprete delle parole, Epiménide, ha brillantemente assistito alla messa a riposo del cadavere del saggio morto. É morto quello che era vicino al capo supremo, re delle estremità".

Tre sigilli del re confermano il potere universale di Giuseppe; il primo dice: "Il figlio del capo illustre che conduceva i pastori di mandrie; quello che possedeva il potere supremo, morto, è stato deposto nell'interno della terra con onori simili a quelli del capo supremo dei re". Il capo illustre dei pastori di pecore era Giacobbe; questo titolo mostra l'importanza che aveva già aquisito all'epoca il popolo ebreo.

Il secondo sigillo: "Il rampollo del capo illustre che conduceva i pastori di pecore, quello che possedeva il potere sulle nazioni del mondo, la bocca che dirigeva i popoli, simile al re delle moltitudini, è morto". Qui il testo è formale: Giuseppe era certamente il capo dell'universo, il dirigente del mondo allora conosciuto.

Il terzo sigillo dice ugualmente: "Il potente figlio dell'illustre pastore, quello la cui bocca conduceva le nazioni, che possedeva il potere di capo da un'estremità all'altra, è morto". É l'affermazione del potere universale di Giuseppe fino alla sua morte, come ha sostenuto Crombette, e non della limitazione della sua autorità sull'Egitto per un breve periodo, come si è generalmente pensato.

Ma i tre sigilli che abbiamo studiato e che relazionano i funerali di Giuseppe, rappresentano, sotto forme diverse, il Labirinto. È dunque là che sarebbe stato sepolto Giuseppe? Sembra proprio di sì, se si legge con il copto la parola ebraica della Bibbia relativa alla sua sepoltura. Essa dà infatti: "La moltitudine dei luoghi di custodia segreti (o dei compartimenti) infossati nella terra".

Erodoto, che vide il Labirinto d'Egitto, dice che era composto da 1500 sale sotterranee e 1500 in superficie, 3000 in tutto. Giuseppe fu dunque deposto nella parte sotterranea. Il corpo di Giuseppe fu poi tolto da Armais, generale del faraone Horos o Akhénaton, che aveva adottato il culto di Adonaï il dio unico degli Ebrei.

Armaïs, per giungere al trono, aveva disconosciuto Adonaï e si era fatto il persecutore degli Ebrei per soddisfare i sacerdoti di Amon tebano che volevano proscrivere tutto ciò che ricordava Adonai. Così, noi siamo più disposti ad adottare del passaggio precitato, che ha sempre dato luogo a interpretazioni forzate, la traduzione seguente: "Frattanto, si levò in Egitto un nuovo re che non permise più che Giuseppe vi fosse interrato". In effetti, l'ebraico /// - /// sembra potersi interpretare con il copto: Lodj (o Lo) Djot Ka Hêt, che si traduce: Desinere-Confondere-Permittere-In, cioè a dire: che cessò di permettere che (Giuseppe) fosse interrato in (Egitto). Noi ci crediamo tanto più fondati a presentare questa nuova traduzione in quanto la Volgata differisce, su questo punto, dalla parafrase caldèa, la quale ha: "Che non osservò il decreto di Giuseppe".

Quattro anni e mezzo dopo l'inumazione di Giuseppe, Creta era invasa da una flotta immensa venuta dall'Egitto sotto la condotta di Amosis. Queste truppe eteroclite si accingevano a razziare la ricca isola di Creta ed a distruggerne i palazzi detti i secondi palazzi. Il re, che aveva regnato dal 1584 al 1579, fu senza dubbio ucciso nella battaglia. Amosis lo rimpiazzò con un re su cui credeva di poter contare e che fu così il fondatore della seconda dinastìa cretese.

Il nome dell'ultimo re rivela il suo destino inevitabile: "Il rampollo regolare del potente e glorioso interprete delle parole, Epiménide, di un tronco secolare, confidando nella realizzazione della parola in questo tempo per fare grande la nazione, si è sollevato; solo che, vinto, il re è morto".

Così si completa la storia della prima dinastia cretese, così ricca di insegnamenti e così fertile nei suoi raffronti con la Bibbia al punto di suggerirne una lettura con il copto. Dobbiamo dire a questo proposito che, conformemente al decreto dell'8 aprile 1546 sull'edizione della Vulgata e l'interpretazione della Scrittura del concilio di Trento, e come voleva lo stesso F. Crombette, ci sottoponiamo in anticipo al giudizio della Chiesa su questo metodo di traduzione e sui risultati che permette di ottenere. A tal fine, un dossier completo è stato inviato a Roma alcuni anni fa, ma nessuna risposta ci è finora pervenuta.

Questa breve sintesi è estratta dal primo volume di "Luci su Creta", rif.42.21, scaricabile cliccando qui.

 

Ceshe 1999 -